Ibico

Nel VI secolo a.C. la lirica corale subì l’influsso dei mutamenti politici e istituzionali che si erano verificati in numerose città della Grecia continentale e insulare e che provocarono il crollo di governi aristocratici, sostituendoli con le tirannidi. I rappresentanti di questi nuovi regimi si dimostrarono sempre inclini a favorire le arti e la cultura, spesso ospitando alle loro corti i più insigni intelletti del loro tempo e trattandoli con ogni riguardo. Secondo le notizie del lessico Suda, Ibico, nativo di Reggio, colonia calcidese sull’estrema punta meridionale dell’Italia, si trasferì a Samo, negli anni della cinquantaquattresima Olimpiade (564-561 a.C.), quando l’isola era sotto il dominio del tiranno Policrate, come fecero anche altri poeti, fra cui Anacreonte. Secondo lo storico Erodoto (Storie, III, 39), Ibico rimase alla corte di Policrate fino alla morte di quest’ultimo e conobbe anche suo figlio, Policrate il Giovane, il quale, dopo aver posto fine ad una serie di tumulti scatenatisi alla morte di suo padre, si impadronì a sua volta del potere nel 533 a.C. Egli rimase sul trono per circa un decennio, portando l’isola a grande splendore, con l’allestimento di una delle più poderose armate navali di questo periodo. Per mezzo di essa, Policrate riuscì a trasformare in una vera e propria talassocrazia quella che prima era stata una semplice, anche se fortunata, attività piratesca dei commercianti di Samo. La formazione del potente e ricco stato insulare attirò l’ostilità del re persiano Cambise, il quale affidò al suo satrapo Oroetes il compito di sbarazzarlo di Policrate; così il tiranno fu attirato in una trappola e ucciso, nel 522 a.C. La data e le circostanze della morte di Ibico sono ignote: si sa soltanto che fu sepolto a Reggio, sua città natale. Sulla sua fine si diffusero storie varie e fantasiose, la più famosa delle quali narrava che il poeta era stato assalito e ucciso da banditi. Mentre stava per morire, egli scorse in cielo uno stormo di gru e le pregò di vendicarlo. Dopo qualche tempo, i suoi assassini, sicuri della loro impunità, mentre assistevano ad uno spettacolo teatrale, videro volare sopra di loro alcune gru; e uno di loro esclamò incautamente: “Ecco le gru di Ibico!” La strana frase attirò l’attenzione di qualcuno dei presenti, anche perché la scomparsa di Ibico era rimasta misteriosa; fu fatta un’inchiesta e gli uccisori del poeta furono presi e condannati. La leggenda, formatasi in tempi assai più tardi di quelli in cui visse Ibico, trasse probabilmente origine da un uccello simile alle gru, detto œbux, il cui nome rassomigliava molto a quello del poeta.