Il realismo nel romanzo di Petronio: il linguaggio

    Il linguaggio di questo commensale è quello di un mercante cittadino senza grande cultura, incredibilmente zeppo di frasi fatte: nummos modio metitur - noluisses de manu illius panem accipere - Ipse nescit quid habeat - Ipse Trimalchio fundos habet, quantum milui uolant ... solo per citarne alcune. Il suo discorso, inoltre, è letteralmente infarcito di intercalari colloquiali, quali ad esempio nec quid nec quare - topanta - babaecalis - babae babae!. Tali espressioni arricchiscono il ritratto del personaggio, inquadrandolo per quello che è. Contribuiscono a completare il quadro i giudizi che l'ospite formula sugli altri commensali su cui getta lo sguardo e di cui si diverte a raccontare sventure ed avventure - fabulas, come dice Encolpio, ovvero puri e semplici pettegolezzi, senza invidia o rancore, come ribadito anche più avanti: Quam bene se habuit! Non impropero illi (Sat. 38). La convinzione di fondo del commensale di Encolpio, che si sente perfettamente a proprio agio tra i personaggi che descrive, facendoci dunque immaginare che tra questi ultimi potremmo benissimo vedere lui stesso, è che la ricchezza sia il motore del mondo e che in base ad essa si giudichi il benessere ed il valore delle persone: non c'è tuttavia invidia nelle sue parole, come abbiamo notato, ma solo rispetto per chi ha fatto fortuna ed una punta di sconcerto nell'osservare come la sorte sia volubile e basti un soffio perchè anche il più ricco (saplutus) si ritrovi nella più nera miseria.

    I commenti del commensale non seguono un preciso filo logico, ma sono mossi piuttosto (come noi lettori moderni in effetti ci aspettiamo da una conversazione spontanea nata a tavola per vincere la noia di un pasto che si protrae da troppo tempo) da associazioni di idee e da sentimenti immediati, che contribuiscono a rendere più vivo sia il personaggio che egli descrive che il narratore stesso, il cui ritratto emerge - potremmo dire - proprio attraverso i discorsi che quest'ultimo imposta per descrivere gli altri suoi commensali. Auerbach sottolinea che il nostro allegro commensale, nei suoi pettegolezzi, non nasconde nulla, non lascia nulla inespresso, proprio come Omero nella descrizione dei suoi eroi, illuminati da identica luce. Tuttavia, come è evidente, lo stile descrittivo di Petronio è ben distante da quello di Omero: innanzitutto nel Satyricon prevale una forma narrativa soggettiva, dove ogni personaggio esiste non in assoluto (cioè attraverso le parole scelta dall'autore dell'opera), ma nell'evocazione che uno dei personaggi stessi dell'opera ne fa, ovvero in una sorta di quadro nel quadro. Questo espediente narrativo, tanto artificioso quanto intrigante ed affascinante, costituisce in tutta la letteratura antica - sottolinea ancora Auerbach - davvero una rarità. Ed è proprio questo espediente a ricreare, come detto, l'illusione di maggiore concretezza dei personaggi, che vengono ad essere descritti da un punto di vista che si potrebbe dire interno alla scena stessa che si va animando.

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