La repressione dei Baccanali

    La storia dei baccanali culmina con la loro repressione.

Prima della repressione del 186, c’era stato un precedente (che verrà discusso successivamente),  quando nel 213 sia il senato che gli organi di polizia erano intervenuti per eliminare i nuovi culti stranieri diffusisi nella capitale, specie tra le donne immigrate dalle campagne; ma ora il fenomeno era più esteso e di conseguenza comportava nuovi problemi.  C'é da premettere comunque che né i culti del 213 né quelli del 186 furono legalmente perseguitati perché "stranieri": questo é solo una sfumatura particolare che dà Livio al proprio discorso, perché in realtà le ragioni dell'intervento del senato furono politiche.

Il racconto di Livio é molto dettagliato e ci dà l’esatta misura della situazione, avvertita come pericolosa dagli organi di potere (Ab Urbe Condita XXXIX, 18).

XVIII. Ceterum tanta fuga ex urbe facta erat, ut, quia multis actiones et res peribant, cogerentur praetores T. Maenius et M. Licinius per senatum res in diem tricesimum differre, donec quaestiones a consulibus perficerentur. Eadem solitudo, quia Romae non respondebant nec inueniebantur, quorum nomina delata erant, coegit consules circa fora proficisci ibique quaerere et iudicia exercere. Qui tantum initiati erant et ex carmine sacro, praeeunte uerba sacerdote, precationes fecerant, [in] quibus nefanda coniuratio in omne facinus ac libidinem continebatur, nec earum rerum ullam, in quas iureiurando obligati erant, in se aut alios admiserant, eos in uinculis relinquebant: qui stupris aut caedibus uiolati erant, qui falsis testimoniis, signis adulterinis, subiectione testamentorum, fraudibus aliis contaminati, eos capitali poena adficiebant. Plures necati quam in uincula coniecti sunt. Magna uis in utraque causa uirorum mulierumque fuit. Mulieres damnatas cognatis, aut in quorum manu essent, tradebant, ut ipsi in priuato animaduerterent in eas: si nemo erat idoneus supplicii exactor, in publico animaduertebatur. Datum deinde consulibus negotium est, ut omnia Bacchanalia Romae primum, deinde per totam Italiam diruerent, extra quam si qua ibi uetusta ara aut signum consecratum esset. In reliquum deinde senatus consulto cautum est, ne qua Bacchanalia Romae neue in Italia essent. Si quis tale sacrum solemne et necessarium duceret, nec sine religione et piaculo se id omittere posse, apud praetorem urbanum profiteretur, praetor senatum consuleret. Si ei permissum esset, cum in senatu centum non minus essent, ita id sacrum faceret, dum ne plus quinque sacrificio interessent, neu qua pecunia communis neu quis magister sacrorum aut sacerdos esset.

L'intervento delle autorità fu immediato: il Senato si riunì e decise di promuovere un'inchiesta, estendendola in modo capillare e organizzato da Roma a tutta la penisola, in ogni città e in ogni paese (fora et conciliabula), assumendosi pure il diritto di deliberare in merito a tutta la questione, dall'inchiesta alle sanzioni, sia immediate che a lungo termine.  Conferì inoltre ai consoli poteri straordinari (ciò viene tecnicamente indicato con il nome di quaestio extra ordinem), adeguati all'urgenza e all’importanza dell'intervento: diede loro il compito di ricercare dovunque, sia a Roma che nei paesi e nelle città, i sacerdoti di Bacco, di diffondere mediante editti il divieto senatorio che gli iniziati si riunissero per motivi di culto e soprattutto di fare un'inchiesta per scoprire tutti i membri della congiura.

I consoli emanarono disposizioni di polizia per attuare le decisioni del senato e per coordinare tra loro i vari aspetti dell'intervento.  Diedero agli edili curuli l'incarico di trovare i sacerdoti e di tenerli per così dire “agli arresti domiciliari” fino al momento del giudizio; agli edili della plebe il compito di sorvegliare che si obbedisse all'ingiunzione di non compiere riti segreti; ai triumviri capitales (addetti alle questioni comportanti la pena di morte) il compito di disporre una rete di sorveglianti che prevenissero sia le riunioni notturne, sia eventuali forme di protesta, come, ad esempio, incendi dolosi (si ricordi l'analoga accusa  di incendiari fatta ai Cristiani ai tempi di Nerone).  L'opera di questi triumviri fu rafforzata con quella di altri assistenti, i quimquemviri, a ciascuno dei quali fu assegnata la sorveglianza di un quartiere.

Dopo aver preso queste decisioni, i consoli, secondo la prassi normale nei casi di senatusconsultum ultimum, si presentarono al popolo per informarlo.  Il console Postumio diede lettura delle disposizioni pratiche, per attuare il controllo e la repressione.  Vengono fissati sia un premio per i delatori, sia il termine entro cui é ancora possibile presentarsi al tribunale per i contumaci.  Si lascia un tempo maggiore a chi si fosse trovato provvisoriamente all'estero, si tagliano i viveri ai fuggiaschi vietando le compravendita per motivi di partenza e infine si fa assoluto divieto di nascondere gli accusati o di aiutarli a fuggire.  Non viene lasciata dunque alcuna possibilità di scampo,  mentre anche i sacrari del nuovo culto vengono abbattuti, impiegando forse per questa operazione anche l'esercito.

Roma è in preda al terrore - Contione dimissa terror magnus urbe tota fuit -, che dilaga rapidamente per tutta la penisola: tutti cercano di fuggire, molti indiziati sono bloccati alle porte della capitale,  le delazioni sono numerose, c'é chi si uccide, si trovano e si incarcerano i sommi sacerdoti (Ab Urbe Condita, XXXIX, 17).

XVII. Recitari deinde senatus consulta iusserunt, indicique praemium proposuerunt, si quis quem ad se deduxisset nomenue absentis detulisset. Qui nominatus profugisset, diem certam se finituros, ad quam nisi citatus respondisset, absens damnaretur. Si quis eorum, qui tum extra terram Italiam essent, nominaretur, ei laxiorem diem daturos, si uenire ad causam dicendam uellet. Edixerunt deinde, ne quis quid fugae causa uendidisse neue emisse uellet; ne quis reciperet, celaret, ope ulla iuuaret fugientes. Contione dimissa terror magnus urbe tota fuit, nec moenibus se tantum urbis aut finibus Romanis continuit, sed passim per totam Italiam, litteris hospitum de senatus consulto et contione et edicto consulum acceptis, trepidari coeptum est. Multi ea nocte, quae diem insecuta est, quo in contione res palam facta est, custodiis circa portas positis fugientes a triumuiris comprehensi et reducit sunt: multorum delata nomina. Quidam ex iis uiri feminaeque mortem sibi consciuerunt. Coniurasse supra septem milia uirorum ac mulierum dicebantur. Capita autem coniurationis constabat esse M. et C. Atinios de plebe Romana et Faliscum L. Opicernium et Minium Cerrinium Campanum: ab his omnia facinora et flagitia orta, eos maximos sacerdotes conditoresque eius sacri esse. Data opera, ut primo quoque tempore comprehenderentur. Adducti ad consules fassique de se nullam moram indicio fecerunt.

La fuga da Roma era stata così massiccia da costringere gli stessi consoli a condurre l'inchiesta non solo nella capitale, ma nelle varie città della penisola, istituendo in ognuna il tribunale.  Le pene erano il carcere o la morte, a seconda che il delitto fosse di sola "congiura" o avesse l'aggravante di reati di oscenità, assassinio o falso.  Ma, aggiunge Livio, furono più gli uccisi che gli imprigionati (plures necati quam in uincula coniecti sunt), ed erano molti, sia uomini che donne.  La punizione di queste ultime era affidata ai parenti o ai tutori: le uniche autorità che, nel sistema giuridico romano, avessero la potestas su di loro: mulieres damnatas cognatis, aut in quorum manu essent.

Dopo la prima fase degli interventi di emergenza, ci fu un'altra riunione senatoriale, nella quale vennero prese decisioni concernenti  la repressione definitiva del culto bacchico.  Ne venne imposta l'eliminazione di tutte le nuove forme e il ritorno alle modeste dimensioni iniziali: queste, a loro volta, vennero gravate da una tale serie di complicazioni burocratiche, da scoraggiare anche il più acceso seguace del dio e da consentire un ulteriore controllo centralizzato. Si stabiliva inoltre per i trasgressori la pena di morte.

Livio offre un riassunto di questa delibera senatoriale, di cui si può controllare l'esattezza e che conferma l'attendibilità della nostra fonte.  Possediamo infatti l'intero testo del senatusconsultum de bachanalibus, testo che, nonostante quanto si é creduto in passato, sembra sia l'edizione intera della delibera.

Il contenuto del senatusconsultum contempla tutti i possibili casi e le possibili varianti regionali del rito che intende stroncare.  La prima interdizione concerne in generale ogni culto di Bacco (bacanal).  Seguono i divieti relativi alla carica di baccante, sacerdote, magister, minister, magistrato, promagistrato; i divieti di avere una cassa comune, di compiere, sotto qualsiasi forma, il giuramento iniziatico, di celebrare atti di culto in segreto, in pubblico, in città, fuori città.  Vengono  toccati tutti gli aspetti sia organizzativi che giuridici della associazione, senza possibilità di evasione, dal momento che si contemplano tutte le eventualità del suo costituirsi ed operare.

Viene lasciata la possibilità di seguire il culto di Bacco solo dietro una serie di condizioni ben precise e altamente restrittive: che ci sia uno stato di necessità, ad esempio, e che si venga a dimostrare questa necessità a Roma davanti al pretore urbano.  Questo, a sua volta, dovrà convocare una riunione di almeno cento senatori che diano l'assenso: è uno scoraggiante iter burocratico, percorribile, tra l'altro, solo all'interno di una rigida selezione di ceto.  Anche in questi casi, comunque,  la composizione numerica della associazione é ridotta ai minimi termini: un massimo di due uomini e tre donne. I casi eccezionali per essere ammessi dovranno sottoporsi al solito iter burocratico: Si ei permissum esset, cum in senatu centum non minus essent, ita id sacrum faceret, dum ne plus quinque sacrificio interessent, neu qua pecunia communis neu quis magister sacrorum aut sacerdos esset.

Infine, la sanzione: ai contravventori, la morte - eos capitali poena adficiebant.

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