La seconda Guerra Punica

UN BUSTO DI ANNIBALE

    Le cause del secondo conflitto contro i Cartaginesi affondano le proprie origini nelle dispute, interne a Cartagine, fra Annone, che assieme ai proprietari terrieri desiderava espandere il dominio agricolo e terriero, ed Amilcare - il cui parere finì per prevalere -, membro dell'influente famiglia Barca che, con l'appoggio dei mercanti, desiderava creare nuovi mercati all'estero. A questo scopo i Cartaginesi riuscirono a rientrare in possesso della fascia costiera della Spagna, proseguendo con Asdrubale i progetti formulati dal suocero Amilcare. 

    Annibale, succeduto ad Asdrubale, attaccò provocatoriamente nel 219 a.C. la città di Sagunto che, alleata dei Romani, si trovava nel territorio cartaginese. A questo punto la guerra fu inevitabile. Annibale non perse tempo e - con un'impresa leggendaria mirabilmente descritta dallo storico Livio - valicò le Alpi con i suoi elefanti e si scontrò con i Romani nel 218 a.C., ottenendo due vittorie presso la confluenza di Po e Ticino e presso il fiume Trebbia. Nel 217 a.C. i due eserciti consolari vengono annientati presso il lago Trasimeno. I Romani, in preda alla disperazione a causa della lunga serie di insuccessi, nominano dittatore Quinto Fabio Massimo, che subito adottò una nuova tattica, la guerriglia, per arginare il nemico, ma che finì per essere soprannominato cunctator - "temporeggiatore" - per la sua esasperante lentezza nel procedere e nell'agire. Quando la dittatura ebbe termine, i due consoli Lucio Emilio Paolo e Terenzio Varrone si scontrarono di nuovo con Annibale nel 216 a.C. a Canne, dove però trovarono la morte assieme ai loro eserciti. 

    Per rendere le proporzioni della tremenda disfatta, lo storico Ammiano Marcellino paragonerà la sconfitta di Adrianopoli nel 378 d.C., - che di fatto aprì la strada ai barbari per il completo disfacimento dell'Impero - proprio alla battaglia di Canne, che era rimasta nelle menti dei Romani come il ricordo del peggiore scacco subito dal proprio esercito. Annibale, cui ora si apriva senza più ostacoli la via per Roma, decise di rinunciare alla marcia sulla città perchè si ritrovava impreparato a sostenere un lungo assedio. 

    Nel frattempo, tuttavia, i Romani riuscirono ad annientare Filippo V, alleato di Annibale, durante la prima guerra macedonica, durata dal 215 al 205 a.C.. Nel 212 a.C. Roma riuscì a tornare in possesso di Siracusa e l'anno successivo (211 a.C.) passò all'assedio di Capua e riconquistò le città di Taranto ed Agrigento. Per distogliere le attenzioni di Annibale dall'Italia, i Romani spostarono intelligentemente il conflitto in Spagna, affidando la conduzione della guerra a Gneo e Publio Scipione (218 - 211 a.C.). Nel 211 a.C., tuttavia, Asdrubale riesce a vincere ed uccidere entrambi gli Scipioni. 

    Nel 210 a.C. il loro figlio e - rispettivamente - nipote Publio Cornelio Scipione fu nominato privatus cum imperio ed in breve sconfisse Asdrubale, lo costrinse ad abbandonare la Spagna ed infine lo uccise sul fiume Metauro nel 207 a.C., gettandone la testa nell'accampamento del fratello Annibale. Annibale aveva ormai esaurito tutti i rifornimenti e P.C. Scipione, poi detto l'Africano, dopo aver spostato il fronte in Africa, ebbe la meglio su di lui in due battaglie presso i Campi Magni (204 a.C.) e poi a Zama (202 a.C.), ponendo così fine alla seconda guerra punica. Le condizioni di pace imposte da Roma comprendevano la cessione della Spagna, il riconoscimento del regno autonomo di Numidia retto da Massinissa - in realtà si trattava di un governo fantoccio nelle mani di un uomo fedele a Roma -, la consegna della flotta ed il divieto di condurre guerre senza permesso.

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