Lucano

        

    Le fonti da cui si possono desumere notizie sulla vita di Lucano sono in primo luogo la biografia di Svetonio (tratta dalla sezione De poetis del suo trattato De viris illustribus): 

<m. annaevs lvcanvs Cordubensis> Prima ingenii experimenta in Neronis laudibus dedit quinquennali certamine, dein civile bellum quod a Pompeio et Caesare gestum est recitauit. Ut praefatione quadam aetatem et initia sua cum Vergilio conparans ausus sit dicere: "et quantum mihi restat ad Culicem"! Hic initio adulescentiae, cum ob infestum matrimonium patrem suum ruri agere longissime cognouisset. Reuocatus Athenis a Nerone cohortique amicorum additus atque etiam quaestura honoratus. non tamen permansit in gratia: siquidem aegre ferens, <quod Nero se> recitante subito ac nulla nisi refrigerandi sui causa indicto senatu recessisset, neque uerbis aduersus principem neque factis extantibus post haec temperauit, adeo ut quondam in latrinis publicis clariore cum crepitu uentris hemistichium Neronis magna consessorum fuga pronuntiarit: "sub terris tonuisse putes". sed et famoso carmine cum ipsum tum potentissimos amicorum grauissime proscidit. ad extremum paene signifer Pisonianae coniurationis extitit, multus in gloria tyrannicidarum palam praedicanda ac plenus minarum, usque eo intemperans ut Caesaris caput proximo cuique iactaret. uerum detecta coniuratione nequaquam parem animi constantiam praestitit; facile enim confessus et ad humillimas deuolutus preces matrem quoque innoxiam inter socios nominauit sperans impietatem sibi apud parricidam principem profuturam. impetrato autem mortis arbitrio libero codicillos ad patrem corrigendis quibusdam uersibus suis exarauit epulatusque largiter brachia ad secandas uenas praebuit medico. poemata eius etiam praelegi memini, confici uero ac proponi uenalia non tantum operose et diligenter sed et inepte quoque.

Seguono una Vita scritta da un certo Vacca (autore non altrimenti noto, vissuto, secondo alcuni, nella seconda metà del I secolo, secondo altri in età più tarda) ed il libro XV degli Annales di Tacito. Le notizie elogiative sulla vita del poeta appartengono a Vacca, quelle negative a Tacito e a Svetonio. Delle une e delle altre non possiamo valutare criticamente l'attendibilità. Marco Anneo Lucano acque a Cordova, in Spagna, nel 39 d.C. Era figlio di M. Anneo Mela, fratello minore di Seneca il Filosofo

    Questi, rivolgendosi alla madre Elvia dall'esilio di Corsica accenna con parole commosse al nipotino che dovrebbe consolare la nonna con le sue grazie:  Ab his ad nepotes quoque respice: Marcum blandissimum puerum, ad cuius conspectum nulla potest durare tristitia; nihil tam magnum, nihil tam recens in cuiusquam pectore furit quod non circumfusus ille permulceat. Cuius non lacrimas illius hilaritas supprimat? Cuius non contractum sollicitudine animum illius argutiae soluant? Quem non in iocos euocabit illa lasciuia? Quem non in se conuertet et abducet infixum cogitationibus illa neminem satiatura garrulitas?. “Guarda i nipoti: guarda Marco, bimbo graziosissimo (blandissimus puer) alla cui vista nessuna tristezza può durare a lungo, nessun dolore per quanto grave, per quanto recente, può tormentarti l'animo che egli non riesca ad alleviare abbracciandoti. Non c'è persona di cui egli, così allegro, non asciughi le lacrime, non c'è animo angosciato che la sua vivacità non rassereni; nessuno c'è che non sia spinto alla giovialità dalla sua spensieratezza, nessuno preoccupato che non si lasci sedurre dalla sua irrefrenabile loquacità” (Consolatio ad Helviam XVIII, 4-5). 

    Condotto a Roma dal padre, Lucano poté frequentare le scuole dei migliori maestri, tra cui quella dello stoico Anneo Cornuto frequentata anche da Persio. Era di eccezionale bravura: “superò in breve tempo - come attesta la biografia di Vacca - i condiscepoli, eguagliò i maestri”. Espresse la sua indole di precoce poeta prima di partire per Atene, dove si recò a compiere il suo perfezionamento. Al ritorno, l'imperatore Nerone, ancora in vena di promozione culturale e di benevola inclinazione verso i giovani talenti, lo volle nel proprio 'entourage' e, ammirato del suo ingegno, lo nominò questore sebbene fosse di età inferiore a quella richiesta dalla legge per questa magistratura. L’amicizia con Nerone durò tuttavia poco: gli studiosi si chiedono quale fosse la ragione vera della rottura. Le ipotesi oscillano tra i due estremi indicati rispettivamente da Svetonio e da Vacca: il primo storico accenna all'incontrollata impulsività di Lucano, che non avrebbe risparmiato calunnie nei confronti di Nerone dopo che questi lasciò di ascoltare una sua orazione con la scusa di una convocazione urgente del senato; il secondo, invece, assegna ogni responsabilità al vanitoso Nerone che, volendo essere il primo ed unico poeta di Roma, proibì addirittura a Lucano di scrivere versi e di svolgere attività nel Foro. Certo è che Lucano aderì alla congiura antineroniana dei Pisoni, anzi, se dobbiamo dar retta a Svetonio, paene signifer coniurationis exstitit: “forse ne fu il capo”. Quando la congiura fu scoperta, il poeta venne inquisito. Dapprima negò di aver preso parte all'impresa; poi, a detta sempre di Svetonio, fidando nella promessa di impunità, confessò, anzi denunciò anche sua madre come complice, sperans impietatem sibi apud parricidam Principem profuturam (“con la speranza che tale spietata empietà gli sarebbe stata di giovamento presso un imperatore che aveva assassinato la madre”), ma il fatto che quest’ultima non fu nemmeno processata rende poco credibile la notizia. Nel 65 da Nerone giunse a Lucano l'ordine stesso che venne dato allo zio Seneca: l'ordine di suicidarsi. Atteggiandosi, con giovanile spavalderia, a stoico, egli si aprì le vene dopo aver consumato un lauto pranzo: mentre il sangue usciva dalle vene incise, scrisse al padre per raccomandargli di correggere alcuni versi del suo poema. Secondo Tacito (Annales, XV, 70) egli morì declamando gli esametri della Pharsalia nei quali era descritta la morte di un soldato finito anche lui svenato: Exim Annaei Lucani caedem imperat. is profluente sanguine ubi frigescere pedes manusque et paulatim ab extremis cedere spiritum fervido adhuc et compote mentis pectore intellegit, recordatus carmen a se compositum quo vulneratum militem per eius modi mortis imaginem obisse tradiderat, versus ipsos rettulit eaque illi suprema vox fuit.