La fase “scientifica” della questione omerica: Wolf 

     Nel 1795 il filologo tedesco Friedrich August Wolf pubblicò i Prolegomena ad Homerum, e parve finalmente che la disamina del problema venisse a subire una svolta secondo criteri di maggior rigore scientifico; in realtà, Wolf non si discostò molto dalle teorie proposte dal d’Aubignac e giunse alla conclusione che ai tempi di Omero non esisteva la scrittura. Sostenne inoltre che i poemi omerici fossero opera di più di un aedo, in un tempo che potremmo chiamare l'età eroica del popolo greco e che tali poemi, costituiti da un assemblaggio di canti della cultura orale dei rapsodi, fossero stati riuniti  e trascritti solo nella definitiva redazione di Pisistrato. Per valutare appieno queste affermazioni, non possiamo ignorare tuttavia l'ambiente culturale europeo dell’epoca in cui venne formulata questa teoria: ci si trovava in un periodo di pre-romanticismo, che, come è noto, costituì una sorta di culla della visione dell’età primitiva come luogo privilegiato della nascita e dello sviluppo di una poesia pura, priva di qualunque condizionamento manieristico. Le tesi del Wolf ebbero dunque un vasto seguito e diedero successivamente origine ad una corrente di pensiero che portò alle estreme conseguenze il metodo analitico, che si proponeva di rilevare nei due poemi qualsiasi elemento a sostegno della tesi antiunitaria.

 

La critica antiunitaria

     Georg Zoega e Friedrich Gottlieb Welcker, dopo Wolf, cercarono di individuare il rapporto fra i poemi omerici e quelli del cosiddetto Ciclo (serie di composizioni oggi purtroppo perdute, che narravano sia gli antefatti che gli avvenimenti successivi a quelli raccontati nei due poemi omerici). Anche questi ultimi postulavano l’esistenza di un materiale molto vasto che costituiva l'antico patrimonio degli aedi e dei rapsodi: l’Iliade e l’Odissea sarebbero state composte in epoca più recente, attingendo proprio a questo materiale. Fra il XVIII e il XIX secolo il tedesco Karl Friedrich Hermann e l’inglese George Grote avanzarono poi l’ipotesi dell’esistenza di due canti eroici originari, uno dedicato all’ira di Achille e uno al ritorno di Odisseo: questi nuclei leggendari sarebbero poi stati ampliati fino alla forma attuale attraverso generazioni di rapsodi; i due studiosi presero proprio da quest’ipotesi lo spunto per l’esame dei testi omerici. Tra la fine del ‘800 e gli inizi del ‘900 il celebre studioso tedesco Ulrich Wilamovitz tentò di conciliare i risultati della teoria analitica con l’esistenza di un poeta unico: sostenne che l’Iliade  doveva essere stata composta verso l’VIII secolo a.C. da un poeta di lingua ionica, che avrebbe attinto alla tradizione rapsodica e che in seguito la sua opera sarebbe stata ampliata da altri, fino a raggiungere l’estensione attuale.  

La critica unitaria 

     Il primo quarto del Novecento è stato caratterizzato da una vivace reazione alle teorie precedentemente enunciate, a favore dell’unitarismo. La tesi secondo la quale i due poemi sarebbero stati opera di un solo poeta ebbe l’appoggio di vari studiosi, fra cui C. Rothe, J. A. Scott e J. T. Sheppard; però appare più sostenuta da entusiastica ammirazione per Omero che da solide basi scientifiche e da un’attenta analisi critica.  

 

La tesi moralistica 

     Un punto di vista decisamente originale sulla questione omerica è stato fornito, già a partire dal 1928, dagli studi dell’americano Millman Parry: quest'ultimo, attraverso l’analisi del linguaggio dell’Iliade, fece emergere le caratteristiche di formularità, ovvero ripetizione di parole o frasi che compaiono molte volte in situazioni analoghe, come epiteti umani e divini, inizio e conclusione di discorsi, modo di interpellare e di rispondere, indicazioni temporali e formule di transizione del discorso, e le volle attribuire ad una fase orale della composizione, dovuta ai rapsodi, che avrebbero tramandato così i due poemi fino al momento della loro redazione scritta. La tesi del Parry ha buone basi che le vengono anche dal confronto con la tradizione dei cantori popolari attivi tuttora presso popoli al di fuori dell’ambito della cultura greca – ad esempio possiamo citare le leggende popolari trasmesse nel mondo serbo-croato, di cui Parry si occupò, mostrando nel 1934 che un cantore era in grado di improvvisare un poema di dimensioni paragonabili a quelle dell'Odissea o dell'Iliade improvvisando sulla base di formule mnemoniche - offrendo una visione antropologica, oltre che filologica.

              Andrea Zoia

Indice         Approfondimenti

 

Bibliografia

Storia della Letteratura Greca, CD-ROM, L'Espresso

M.I. Finley, Il mondo di Odisseo, Marietti Scuola

Gabriella De Blasio, Letteratura Greca, Polis

Carles Miralles, Come leggere Omero, Rusconi