Milano capitale dell'Impero

La vita in città

    In pochi anni Massimiano con la sua fastosa corte cambiò volto alla città, ne elevò il tenore di vita, rendendola simile a Roma per splendore, benchè le dimensioni fossero ancora modeste, paragonate ai parametri attuali: appena al di là delle attuali via Manzoni o via Torino c’erano boschi, campi e paludi. Eppure su una superficie così ristretta vivevano da cento a duecentomila persone! Lo scrittore latino Ausonio dice: “Ogni cosa in Mediolanum è degna di ammirazione: l’abbondanza della roba, le molte belle abitazioni, la cordialità della gente…”

Massimiano allargò la cinta di Milano, con mura dello spessore di circa due metri, costruite con la tecnica dell’ “opera a secco”, cioè due muri esterni con un riempimento, tra l’uno e l’altro, di ciottoli e malta. Dalle porte partivano strade lastricate che conducevano in ogni angolo dell’impero e verso la città convergevano undici vie consolari. La città murata, divenuta più importante a causa della centralità politica, servì anche da rifugio per la popolazione del territorio circostante, dopo che si furono indeboliti gli insediamenti esterni che nei secoli precedenti si erano formati al di fuori di ogni piano regolatore, ma rese l’area della città insufficiente, senza la possibilità di espandersi nei sobborghi.

Attorno al Foro ferveva la vita: c’era il mercato, c’erano botteghe e taverne, sorgevano i templi e il tribunale, si trattavano gli affari e…il malaffare, come sempre accadeva nei centri popolosi. Tutto intorno al Foro si diramavano vie strette, sulle quali sorgevano affollatissime case, che dividevano la città in isolati. Le strade erano lastricate ed avevano canali di scarico laterali e fognature sotterranee. Oggi possiamo vedere i resti di una strada romana dal mezzanino della metropolitana di piazza Duomo.

Visto il rapporto tra superficie e popolazione, il traffico di pedoni, di carri e lettighe doveva essere caotico, il rumore assordante, la ressa incredibile, anche se tutto questo era sintomo di una città piena di vita e di dinamismo, come l’attuale, quasi che il destino dei milanesi di oggi risalga al “patrimonio genetico” dei Mediolanenses. La città era dunque affollata e frenetica, per la presenza contemporanea della corte, dei funzionari, dei burocrati e dei militari.

I ricchi vivevano con un benessere non comune: non solo le abitazioni erano lussuosamente decorate con mosaici, marmi ed affreschi, ma avevano anche l’acqua corrente ed un riscaldamento  centralizzato ad aria calda, proveniente dal pavimento. I poveri, invece, vivevano in edifici sporchi e fatiscenti, alti molti piani, sovraffollati e rumorosi, in appartamenti di una o al massimo due stanze, riscaldate solo con un braciere messo al centro del locale. Naturalmente questi palazzi, costruiti prevalentemente in legno, erano spesso e facilmente preda di incendi.

Naturalmente anche a Milano c’erano le Terme (lungo l’attuale via Brisa), luogo di pulizia, di divertimento e di lavoro, perché vi si trattavano anche gli affari. Acqua calda, tiepida e fredda, bagni turchi, palestra, ma anche sale di lettura, sale per la musica e ristoranti erano i servizi che le Terme offrivano ai milanesi, probabilmente già allora “stressati” dall’eccessivo dinamismo lavorativo.

Il sistema idraulico che regolava e scaldava le acque termali era assolutamente perfetto non solo per quei tempi, se si pensa che esistevano persino i servizi igienici, anche se collettivi.

Percorrendo idealmente la città troviamo anche un Teatro (nella zona di via San Vittore al Teatro, vicino a via Meravigli) con novemila posti a sedere, dove si rappresentavano commedie e tragedie, ma anche spettacoli di danza e mimica. Data l’importanza della città ormai divenuta capitale, esisteva anche la zecca, nell’attuale via Moneta. All’Arena, che era fuori dalle mura della città, nell’attuale omonima via, accorrevano i cittadini amanti del brivido: qui combattevano non solo leoni e tigri, gladiatori e cristiani, ma anche nani e donne che si uccidevano a vicenda, oppure orsi e tori incatenati insieme.

Per chi preferiva le corse dei cavalli c'era il Circo (nella zona dell’attuale via omonima), dove le scommesse erano d’obbligo: il grande spazio del Circo, destinato ad accogliere grandi folle, era comunicante con il palazzo e serviva per presentare la persona dell’imperatore al popolo. L’economia di questa città così vitale si reggeva su fabbriche artigianali di armi, su manifatture di lana e concerie, che esponevano le insegne davanti alle botteghe e che, per connotare meglio il tipo di produzione, esponevano i manufatti all’esterno, sulla pubblica via. I proprietari di queste attività vivevano spesso sopra le proprie botteghe.

Sono state ritrovate molte lapidi che testimoniano la presenza di numerosissimi artigiani, dai calzolai ai fabbri, dai grossisti di vino ai tessitori e via dicendo, spesso non autoctoni: anche allora Mediolanum era una città cosmopolita, con gli indigeni decisamente in minoranza. Per quanto riguarda la religione, i milanesi godettero di una certa libertà, essendo tollerati tutti gli dei: solo i cristiani, rifiutandosi di rendere omaggio all’Imperatore, vennero perseguitati, anche se in misura minore che non a Roma. Essi si riunivano di nascosto, nei cimiteri fuori città, per sfuggire alle persecuzioni e, a causa del sottosuolo troppo ricco di acque, non ebbero mai catacombe.

Ma fu proprio a Milano che, nel 313 d.C., l’Imperatore Costantino emanò l’editto che consentiva a tutti di seguire la religione che avessero preferito, cristiani compresi. Milano, a quel tempo, era fortemente cristianizzata, al contrario di Roma, fortemente pagana: secondo la leggenda fu San Barnaba, amico di San Paolo, a portarvi il Cristianesimo.

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