L’ira degli dei, degli uomini e l’azione dell’Iliade

Così nella sfera divina come in quella umana l’ira, come atteggiamento sentimentale e come comportamento pratico, caratterizza gli esseri che occupano i posti più elevati nel cosmo omerico, dei ed eroi .

Il mondo, come lo vede Omero, presenta una tripartizione . Sul piano più elevato stanno gli dei, distinti dagli uomini per l’immortalità e l’eterna giovinezza; il secondo piano accoglie la fascia nobile dei signori, ai quali appartengono tanto i combattenti a Troia quanto, ad esempio, i Proci della corte di Itaca; il terzo piano comprende il popolo comune (laos), i soldati nell’accampamento, i rematori sulle navi, i servi nelle case signorili.

Il mondo della nobiltà omerica ha plasmato i suoi codici di comportamento e le sue esigenze etiche sul modello della monarchia micenea ed imprime alla sua vita un carattere assolutamente aristocratico. Segno distintivo del grado sociale spettante al nobile è la timh, l’onore che lo circonda e che egli dimostra di meritare mediante l’esercizio delle sue superiori capacità umane, civili e guerresche (la società civile le chiama virtù - aretai).

Il nobile miceneo come l’eroe acheo, di conseguenza, è gelosissimo del suo onore, nel quale si identifica senza dubbio il suo stato sociale. Chi offende l’onore produce una ferita che non si può curare se non con la guerra e la morte. Ad esempio il disonore subito dalla famiglia degli Atridi per il rapimento di Elena scatena la guerra di Troia.

Occupando nella vita dell’eroe un posto così centrale, l’onore offeso produce una reazione caratteristica che è psicologica, sociale e morale: l’ira, l’impulso impetuoso e irrefrenabile, che solo riesce a ristabilire l’infranto equilibrio e a riacquistare il prestigio perduto.

Allo stesso modo gli dei di Omero sono come uomini proiettati su un piano superiore: la monarchia micenea è il modello su cui si è plasmato il mondo divino olimpico. A questi dei  manca “ l’essere tutt’altra cosa dagli uomini”, segno distintivo che nelle altre religioni separa nettamente il divino dall’umano; essi hanno la forma dell’uomo bello e vengono riconosciuti dal loro aspetto e dal loro portamento, sono passionalmente coinvolti nei fatti terreni e umani e non diversamente dall’uomo possono adirarsi quando si vedono offesi nella sfera della loro potenza. L’uomo deve riconoscere i suoi limiti e non varcarli mai. se non vuole rendersi colpevole di hybris, di dismisura, concetto che avrà larghissima applicazione nel mondo della tragedia, ma che compare anche in Omero, o suscitare la nemesis qewn, “la vendetta degli dei”.

Nel mondo olimpico Apollo rappresenta il principio dell’ordine costituito: l’esempio del suo intervento contro Niobe dimostra che la collera divina, suscitata da un peccato di tracotanza, può scatenarsi persino contro le comunità senza riguardo al numero dei colpevoli.

Per l’azione dell’Iliade, che mostra strettamente intrecciati i fili delle volontà divine e umane, tale ira è di un’importanza addirittura decisiva. L’Iliade è poesia e come tale deve essere valutata: essa ha per tema non la guerra di Troia, ma l’ira di Achille, che viene solo rappresentata su quello sfondo. L’ira di Apollo, dunque, rappresenta una specie di preludio a quella di Achille, determinandone le condizioni necessarie per cui essa si sviluppi.

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