Il corifeo

 

Il capo del coro ha una parte importante nella tragedia, sia perchè dialoga con i protagonisti, sia perchè formula talvolta dei giudizi o fornisce spiegazioni al pubblico: egli assume quindi funzioni di collegamento tra quello che avviene sulla scena e chi vi assiste.

Il corifeo avvisa il pubblico che arriva Creonte e spiega in seguito a quali vicende egli sia diventato sovrano dopo le “fatali vicissitudini” e si domanda: “quale pensiero lo agita? Perchè ha fissato questa riunione di anziani?” (155). Il corifeo dialoga con Creonte (204) per meglio esplicitare le disposizioni del sovrano, come anche al verso 280.

Quando la guardia entra trascinando Antigone il corifeo formula una serie di domande per far capire al pubblico quanto era successo fuori dalla scena: “tu fatta prigioniera? Tu sorpresa a trasgredire – in un eccesso di follia – gli ordini del sovrano?” (380).

Il corifeo commenta , dopo che Antigone ha risposto fieramente alle accuse di Creonte: “quella ragazza rivela l’indole fiera di un padre fiero: non sa cedere ai mali” (465).

Il corifeo annuncia al pubblico l’imminente arrivo di Ismene, che piange per la sorella, con il viso sconvolto (530).

Domanda a Creonte se dunque non vuole più le nozze tra Antigone ed Emone, anticipando, per così dire, la domanda che gli spettatori si sarebbero certamente fatti e conclude, due versi dopo: “la sua morte è decisa, a quanto vedo” (575).

Il corifeo annuncia l’arrivo di Emone, commentando che, probabilmente, è spinto a venire dall’ansia per la sorte di Antigone e per le sue nozze andate a monte (630).

Nel dialogo serrato e spietato tra padre e figlio egli interviene ancora al verso 680, affermando che, a suo avviso, Creonte ha parlato con saggezza; poi al verso 723 dice che entrambi hanno parlato bene.

Dopo l’uscita di scena di Emone, dialoga con Creonte (765) spiegando come Emone se ne sia andato pieno d’ira, domandando se il sovrano abbia veramente intenzione di uccidere le due sorelle e quale morte abbia decretato per Antigone.

Quando Antigone rientra in scena, attorniata dai servi di Creonte, il corifeo, vedendola, si dice commosso “vedendo Antigone incamminarsi verso il talamo dove tutti riposano” (802).

Il corifeo interrompe Antigone, che si era paragonata a Niobe, divenuta di pietra, ricordandole che “noi siamo solo mortali e figli di mortali” (832).

Interrompe nuovamente Antigone: “sei giunta, figlia, al limita dell’audacia ... paghi le colpe di tuo padre” (855). E, poco dopo, al verso 873, afferma: “onorare i morti è dovere pietoso, ma chi detiene il potere non permette che altri lo violi. Ti ha perduto il tuo carattere inflessibile”. E’ forse questo il commento principale, per quanto sintetico, che spiega tutta la tragedia.

Dopo l’uscita di Tiresia, che aveva dialogato con Creonte, il corifeo spiega che l’indovino, che aveva lasciato “tremende profezie” non aveva “mai vaticinato il falso” alla città di Tebe (1092).

A questo punto (1093), il corifeo invita alla prudenza Creonte e gli suggerisce di liberare Antigone dal suo sepolcro e di dare sepoltura a Polinice, agendo in fretta, perchè rapide si avventano le sciagure mandate dagli dei e tagliano la strada agli uomini insensati”.

Il corifeo domanda al nunzio quale nuovo dolore sia giunto ad annunciare per i sovrani. E poi fa domande sempre più incalzanti per avere spiegazioni su quanto è successo fuori scena: sono le stesse domande che forse si pone il pubblico che segue lo svolgersi della vicenda:”chi ha ucciso? Chi è morto?” e poi “Come? Per mano del padre? Per mano sua?”. Infine conclude: “Indovino, fu vera la tua profezia!” (1170).

Il corifeo annuncia l’arrivo di Euridice, “sventurata sposa di Creonte”, che è uscita dal palazzo. Quando la donna esce di scena, si domanda: “cosa pensare? Se ne è andata senza proferir parola, nè buona nè cattiva”, facendo presagire la tragedia che arriverà poco dopo (1183).

Il corifeo avvisa che sta arrivando il re, recando tra le braccia la “prova palese che non ad altri deve la propria rovina, ma al suo cieco errore”, dando in questo modo un giudizio personale su quanto è avvenuto (1257).

Le ultime parole della tragedia, come suggello, sono del corifeo, che dice (1350): “la saggezza è la prima condizione della felicità. Non si deve mai commettere l’empietà verso gli dei. Le parole superbe degli uomini arroganti scontano i colpi spietati del destino ed in vecchiaia insegnano ad essere saggi”. Di nuovo quindi egli aggiunge un suo personale commento sul comportamento di Creonte, che tanto dolore e morte ha disseminato.

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