Diocleziano e la Tetrarchia

    Nel 285 d.C. il potere passò nelle mani di Diocleziano, che pose termine al periodo di anarchia con efficacia e vigore nel comando. Il principatus, grazie alla sua opera, si trasformò lentamente in un dominatus, sempre più ispirato alle monarchie orientali, cui fece riferimento anche per l'introduzione della pratica della prosternazione (proskynesis) ai piedi del sovrano. Diocleziano diede vita a due persecuzioni contro i Cristiani, una in Occidente, durata dal 303 al 306 d.C., ed una in Oriente, dal 303 al 313 d.C.. Nel 291 d.C. Diocleziano terminò la sua opera di riforma politica e costituzionale dell'Impero, ottenuta attraverso l'introduzione della tetrarchia: Diocleziano associò al potere, con il titolo di Augusto, Massimiano. I due augusti nominarono rispettivamente due collaboratori, con il titolo di cesari, Diocleziano Galerio e Massimiano Costanzo Cloro. 

    L'impero fu suddiviso in 4 grandi prefetture, ciascuna affidata al controllo di un tetrarca: l'Oriente, con capitale Nicomedia, le Gallie, con capitali Treviri e York, l'Illirico, con capitali Sirmio e Tessalonica, ed infine l'Italia, con capitali Roma e Milano; ciascuna prefettura era data in amministrazione ad un prefetto del pretorio. Ai vicarii spettò il controllo sulle 12 diocesi in cui furono divise le prefetture. I presides o correctores ebbero il controllo delle province, ulteriormente suddivise in municipia e curiae. La suddivisione dell'impero aveva l'evidente scopo di facilitarne l'amministrazione ed il controllo, soprattutto in considerazione delle difficoltà incontrate per più di un secolo dai predecessori di Diocleziano perchè l'impero non si disfacesse sotto i colpi dei barbari e delle discordie interne quando era un solo uomo a farsi carico di tutto. 

    Anche l'esercito subì un analogo processo di riorganizzazione e le truppe vennero suddivise in limitanei, cioè soldati che si dovevano occupare della difesa dei confini e contemporaneamente della coltivazione delle terre occupate, comitatenses, cioè truppe destinate alla manovra rapida, e palatini, che andarono a costituire la guardia di palazzo. Lo scopo principale della riforma avviata da Diocleziano consistette soprattutto nella separazione delle responsabilità civili da quelle militari. In materia di tassazione, Diocleziano introdusse la pratica della iugatio o capitatio. I decurioni, che dovevano versare l'ammanco della raccolta delle tasse, vennero sempre più guardati come una professione da evitare e Diocleziano trasformò il loro incarico in una professione coatta. In ambito monetario, Diocleziano mise in circolazione un grande numero di monete a forte contenuto di argento, per combattere l'inflazione, ma queste ultime vennero subito tesaurizzate. 

    Nel 301 d.C. stabilì, con l'editto De pretiis rerum venalium, un calmiere con cui venivano fissati i prezzi massimi di vendita per le merci, ma il fatto che quest'ultimo fosse in più punti inadeguato fece sì che si sviluppasse il fenomeno della borsa nera. Sempre in ambito economico, Diocleziano introdusse la pratica del colonato, che consisteva nella partecipazione dei lavoratori terrieri agli utili del loro padrone e che ebbe l'effetto di creare la dipendenza dalla terra, perchè la condizione di colonus (lavoratore agricolo) venne trasmessa di padre in figlio come mestiere ereditario. In ambito giuridico, Diocleziano introdusse una differenziazione tra cittadini humiliores ed honestiores, che ebbe ripercussioni notevoli su diritti e doveri (e trattamento di fronte alla legge). 

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