Costantino

    Costantino, che governò Roma dal 324 al 337 d.C., provvide ad una nuova riforma in molteplici ambiti dell'amministrazione imperiale: per quanto riguarda la burocrazia, essa venne affidata interamente ai comites, con il compito di snellirla e renderla più agevole. I comites (da cui poi il medievale "conti") erano quattro: il quaestor sacri palatii, una sorta di ministro di grazia e giustizia, il magister officiorum, con incarico di cancelliere, il comes rerum privatarum, che si occupava di gestire il patrimonio privato dell'imperatore, ed infine il comes sacrarum largitionum, che si occupava del fisco. L'esercito fu dotato di due nuove figure di comandanti, il magister peditum ed il magister equitum.

     In ambito monetario Costantino coniò il solidus aureo. Per accrescere la propria fama, forse spinto dall'esempio dia Alessandro Magno che aveva fondato Alessandria alla foce del Nilo, Costantino volle fondare nel 330 d.C. una grande città, Costantinopoli sul Bosforo, destinata ad avere un ruolo cruciale prima nel tracollo di Roma e poi per la preservazione della civiltà romana dal gorgo barbarico fino alla sua caduta (1453 d.C.). 

    Nel 325 d.C. si tenne a Nicea un Concilio Ecumenico voluto per arginare le eresie che rischiavano fortemente di lacerare la chiesa che ora poteva organizzarsi liberamente perchè riconosciuta dallo stato: a Nicea venne data forma definitiva al Credo - con lo scopo di combatterne le forme eretiche - e venne esaminata la disputa sull'eresia ariana. Costantino divise l'impero tra i propri figli: a Costantino II spettarono Gallia, Spagna e Britannia, a Costante Italia, Africa e Pannonia ed a Costanzo Asia ed Egitto. Tuttavia Costantino II venne ucciso, in un clima di rivolte, tradimenti e sedizioni, da Costante, che a sua volta venne eliminato dall'usurpatore Magnenzio. Nel 353 d.C. finalmente Costanzo riuscì a unificare l'impero e nominò come proprio cesare il cugino Giuliano, poi detto l'Apostata per aver rinnegato la fede cristiana.

 

I successori di Costantino

    Tra il 353 ed il 361 d.C. Il potere restò nelle mani di Costanzo e di Giuliano, finchè l'esercito non proclamò augusto Giuliano, che rivestiva allora il ruolo di cesare: solo la morte di Costanzo nel 361 d.C. riuscì ad evitare lo spettro della guerra civile. Tra il 361 ed il 363 d.C. fu Giuliano a guidare Roma. Giuliano, una delle figure preferite dal Gibbon, che ne traccia un appassionato e quasi affettuoso ritratto (Gibbon, Declino e caduta dell'Impero romano), fu l'ultimo imperatore pagano, per aver rinnegato la religione cristiana cui era stato educato da bambino. Tentò di dare una forma gerarchizzata al paganesimo, ma non perseguitò i Cristiani. Giuliano morì in battaglia mentre combatteva i Sassanidi nel 363 d.C.. Per un breve periodo dal 363 al 364 d.C. il potere imperiale passò a Gioviano, eletto dall'esercito, che stipulò una pace di compromesso con i Sassanidi. 

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