Euripide

 

TRADUZIONI

        Euripide nacque ad Atene circa il 485 a.C., figlio di un ricco possidente che si era poi dedicato al commercio. Conobbe i sofisti Prodico e Protagora, forse frequentò anche Socrate, e certo non fu estraneo all’ambiente culturale che gravitava attorno al grande statista ateniese Pericle, che riuniva Erodoto, Sofocle, Anassagora, Fidia e lo stesso Pericle. Tuttavia rimase lontano dalla vita politica attiva e a si occupò solo del teatro tragico. Euripide viene spesso tacciato dai critici di pacifismo: attraverso le sue opere, criticò in effetti piuttosto apertamente la politica aggressiva sia di Sparta che di Atene durante la Guerra del Peloponneso, mettendo in risalto i mali che erano stati causati dallo spregiudicato imperialismo ateniese in tutto il mondo greco. Nel 407 a.C. il poeta, ormai vecchio, volle abbandonare Atene e fu ospite in Macedonia presso la corte del re Archelao per un anno, dopo di che morì; tuttavia fu proprio in Macedonia che compose l’Ifigenia in Aulide e le Baccanti, che vennero poi rappresentate postume ad opera di suo figlio, Euripide il Giovane. La situazione politica ed economica durante la Guerra del Peloponneso e soprattutto l’influenza culturale dei sofisti, con il loro relativismo, avevano messo in crisi il sistema dei valori civici e religiosi che era stato espresso nelle tragedie di Eschilo e Sofocle. La poetica di Euripide, affrontando questioni morali, politiche e religiose in un’ottica nuova, esprime i dubbi e le incertezze del suo tempo, in modo - se è lecito dirlo - più sentito e meditativo degli altri due grandi tragediografi della sua epoca. I giudici degli agoni drammatici, che appartenevano, anche per estrazione sociale, al ceto conservatore, non apprezzarono in effetti questo nuovo spirito tragico, che sembrava contribuire a sgretolare le poche certezze che ancora sopravvivevano in un'epoca così drammatica per il mondo greco, con Atene - in particolare - costretta a rinunciare alla propria supremazia ed alla propria libertà a causa di una guerra scatenata dalla sua stessa volontà di potenza: il numero di vittorie riportato da Euripide negli agoni teatrali, dunque, fu molto basso: quattro, più una postuma, contro una vastissima produzione, comprendente ben 92 drammi. Il pubblico, tuttavia, apprezzava molto le sue opere, come possiamo capire da certe critiche che già all'epoca gli venivano rivolte dal commediografo Aristofane: nel IV secolo a.C., le sue tragedie ebbero una diffusione molto più ampia di quelle di Eschilo e di Sofocle, tanto che Euripide - paradossalmente - è il tragediografo di cui possediamo il maggior numero di tragedie superstiti.