Senofonte, Anabasi

 

 

La ritirata si trasforma in una fuga (Anabasi IV, 1 15-18)

Testo originale

Verso il giorno seguente si scatena una grande tempesta, ma era necessario avanzare: infatti, non c’erano viveri a sufficienza. Chirisofo guidava l’avanguardia, Senofonte invece la retroguardia. I nemici, inoltre, attaccavano con violenza e, dato che i luoghi erano angusti, quando si avvicinavano li colpivano con frecce e colpi di fionda; cosicché i Greci erano costretti, a causa degli inseguimenti o del successivo rientrare nei ranghi, a marciare accumulando ritardo: e di frequente Senofonte chiedeva con insistenza di fermarsi e di aspettare, ogni qual volta i nemici li incalzavano con violenza. Allora Chirisofo, alcune volte, se avvisato, aspettava, altre, invece, non si fermava ad aspettare, ma avanzava velocemente ed avvisava di seguirli, cosicché era palese che ci fosse qualche difficoltà, ma egli non aveva tempo di vedere la causa della fretta, passate in rassegna le sue truppe; dunque la marcia allo stesso passo si trasformava, per gli uomini della retroguardia, in una fuga. E allora trova la morte il valoroso spartano Cleonumo, trapassato da una freccia ai fianchi, passata attraverso lo scudo ed il corsaletto di cuoio, e Basia d’Arcadia, con la testa trapassata da parte a parte.

 

Le accuse di Senofonte (Anabasi IV, 1 19-21)

Testo originale

Quando poi giunsero al campo, subito Senofonte, così com’era, recatosi da Chirisofo, lo accusò di non essersi fermato e di essere stato costretto con i suoi a combattere ed a fuggire allo stesso tempo. “E ora due uomini valorosi ed onesti sono morti e non potevamo neppure portarli via o seppellirli”. Risponde Chirisofo: “Guarda in direzione dei monti ed osserva come sono tutti inaccessibili: puoi ben vedere lungo quell’unica strada che tu vedi ripida una così grande massa di uomini che, occupatolo, presidiano il valico. Per questa ragione io mi affrettavo, e per questa ragione non ti aspettavo, caso mai potessi giungere prima che il valico fosse stato occupato; inoltre le guide che abbiamo dicono che non c’è altra strada”.

 

L'interrogatorio dei prigionieri (Anabasi IV, 1 22-26)

Testo originale

Allora replica Senofonte: “Io ho tuttavia due uomini (prigionieri). Poichè infatti ci creavano delle difficoltà, tendemmo un’imboscata – il che ci permise di riprendere anche fiato – ne uccidemmo alcuni e ci operammo per prenderne alcuni vivi, proprio per questa ragione, per servirci di guide che conoscono la regione”. E subito, fatti condurre i prigionieri, separatili, li interrogavano se conoscessero qualche altra strada oltre a quella nota. Dunque il primo disse di no, benchè gli venissero fatte molte minacce; poichè, quindi, non diceva nulla di utile, fu sgozzato sotto gli occhi dell’altro. Il superstite, allora, disse che costui diceva di non conoscere (l’altra strada) perchè una sua figlia si trovava in quella località, data in sposa ad un uomo; egli disse invece che li avrebbe condotti per una via che poteva essere percorsa anche dalle bestie da soma. Chiestogli poi se vi fosse qualche posto difficilmente agibile, rispose solo che c’era un’altura che, se non fosse stata occupata prima (rispetto ai Carduchi) sarebbe stato impossibile superare.