Senofonte, Anabasi

 

 

Un incubo notturno (Anabasi, III, 1 11-13)

Testo originale

Poichè inoltre lo scoraggiamento era diffuso, si affliggeva assieme agli altri e non riusciva a dormire. Ma, preso sonno per qualche tempo, fece un sogno: gli parve che, scoppiato un tuono, un fulmine cadesse sulla casa di suo padre, e che essa ne finisse completamente bruciata. Si svegliò quindi all’improvviso in preda al panico, e da un lato pensava che il sogno fosse positivo, perchè gli parve di vedere, mentre si trovava tra fatiche e pericoli, una grande luce inviata da Zeus; dall’altro, però, temeva – dato che il sogno gli sembrava inviato da Zeus sovrano, e gli sembrava che il fuoco ardesse tutto attorno – di non poter allontanarsi dalla terra del re, ma di essere circondato da ogni parte da qualche difficoltà.

 

L'interpretazione del sogno (Anabasi, III, 1 13-14)

Testo originale

Cosa mai significasse aver fatto tale sogno, è possibile argomentarlo dai fatti che accaddero dopo il sogno. Accadde infatti questo episodio: appena si svegliò, subito gli viene un pensiero: “perchè mai sto qui a dormire? La notte avanza: è evidente che i nemici arriveranno allo spuntare del giorno. Se poi cadremo nelle mani del re, cosa impedirà che finiamo uccisi di morte violenta, dopo aver visto ogni genere di atroce spettacolo ed aver subito le torture più terribili? Nessuno inoltre è preparato per difenderci, nè se ne dà pensiero, anzi dormiamo come se fosse lecito rimanere tranquilli. Io dunque dovrei aspettarmi che il comandante di quale città si occupi di queste cose? A quale età dovrei aspettare di arrivare? Non farò infatti in tempo ad invecchiare, se oggi mi consegno ai nemici”.