Senofonte

Anabasi, I,8 8-29

 

Lo schieramento dei nemici di Ciro ( I, 8 8 - 12 )

Testo originale

Era già mezzogiorno, ed i nemici non erano ancora visibili; mentre poi veniva sera, apparve un polverone simile ad una nuvola bianca, ma molto tempo dopo si rivelò come una massa nera per un ampio tratto della pianura. Poichè si stavano avvicinando, ecco che subito qualche oggetto di bronzo cominciava a baluginare e diventavano visibili le lance e le schiere ordinate. E c’erano cavalieri dalle bianche corazze nell’ala sinistra dei nemici. Si diceva che Tissaferne ne fosse a capo. Subito dopo i soldati con gli scudi di vimini, seguivano gli opliti con scudi di legno lunghi fino ai piedi. Si diceva che costoro fossero Egizi: alcuni cavalieri, altri arcieri. Dunque tutti costoro, ciascuna gente, suddivisi per stirpi, procedevano in formazione quadrata e compatta. Davanti a questi, inoltre, andavano carri che distavano molto gli uni dagli altri, i cosiddetti carri falcati: avevano infatti le lame di falce che sporgevano dagli assi in obliquo e che erano rivolte, da sotto le casse, verso terra per fare a pezzi tutto quello che incontravano. E lo scopo era che si spingessero verso le schiere dei Greci e le riducessero a brandelli. Tuttavia, quanto a quello che Ciro disse quando, dopo averli radunati, consigliò ai Greci di sopportare il grido di battaglia dei barbari, si ingannò a quel proposito: avanzavano, infatti, non in mezzo al clamore, ma in silenzio, per quanto era possibile, con calma, uniformemente e lentamente.

 

Ciro passa in rassegna le sue truppe  ( I, 8 12 - 17 )

Testo originale

E Ciro, nel frattempo, passando in rassegna ( l’esercito ) di persona con l’interprete Pigreti ed altri tre o quattro, gridava a Clearco di guidare l’esercito verso il centro della formazione dei nemici, dato che lì si trovava il re: “E se vinceremo, disse, in questa manovra, sarà fatta”. Clearco, dunque, che osservava la grande schiera nel centro, pur sentendo dire a Ciro che il re si trovava al di fuori dell’ala sinistra – tanto, infatti, il re era superiore numericamente che, pur stando al centro del suo esercito, si trovava oltre l’ala sinistra di Ciro, ugualmente non voleva che l’ala destra si allontanasse dal fiume, temendo di finire circondato sui due lati; rispose allora a Ciro che gli importava che tutto finisse bene. In quel momento l’esercito dei barbari si metteva in marcia al passo; quello greco, invece, restando ancora al proprio posto, si andava disponendo in ordine ( sistemando ) quelli che ancora sopraggiungevano. Ciro, avanzando a cavallo non molto vicino a lui, contemplava il suo esercito con attenzione, d’ambo i lati, osservando sia i nemici che i suoi. Quando dunque l’ateniese Senofonte lo vide dalla parte dell’esercito Greco, avvicinatosi con l’intenzione di incontrarlo, gli chiese se avesse qualche ordine. Ed egli, fermatosi, parlò ed ordinava di riferire a tutti che i presagi ed anche le vittime sacrificali erano buoni. Tuttavia, mentre pronunciava queste parole, udì un mormorio che correva per le schiere, e domandò che cosa fosse quel rumore. Egli allora rispose che la parola d’ordine già passava per la seconda volta. Ciro allora domandò con stupore chi l’avesse data e chiese quale fosse tale parola d’ordine. Senofonte rispose: “Zeus salvatore e vittoria”. Ciro dunque, uditala, disse:”va bene, la accetto e così sia”. E, pronunciate queste parole, tornò al suo posto.

 

La battaglia di Cunassa ( I, 8 17 - 23 )

Testo originale

Le due falangi non distavano più di 3 o 4 stadi l’una dall’altra, quando i Greci intonarono il peana e cominciarono a marciare contro i nemici. Mentre dunque essi marciavano, dal momento che una parte dell’esercito avanzava ondeggiando, quella rimasta indietro iniziava a correre a passo di carica. E contemporaneamente tutti levarono un grido come quando lo si eleva ad Enialio, e tutti ormai correvano. Dicono dunque alcuni che fecero persino rimbombare gli scudi contro le lance, incutendo paura ai cavalli. Prima che le frecce arrivino a segno, i barbari si ritirano e fuggono. E allora sì che i Greci prendevano ad inseguirli a gran velocità, ma si gridavano l’un l’altro di non procedere alla carica, ma di inseguirli rimanendo in formazione. Ed i carri erano trascinati alcuni tra i nemici, altri tra i Greci, senza aurighi. Tuttavia essi, ogni qual volta li avvistavano, si ponevano a distanza; ci fu anche chi si lasciò sorprendere, quasi sbigottito dalla corsa del carro; e dicono che nemmeno questi ultimi subirono ferite, e nessun altro tra i Greci venne ferito in questa battaglia, eccetto qualcuno che – si dice – fu ferito nell’ala sinistra. Ciro dunque, dato che vedeva che i Greci stavano avendo il sopravvento sulla parte avversaria che stava loro di fronte e che si gettavano all’inseguimento, benchè si rallegrasse e fosse ormai  riverito come re da quelli del suo seguito, neppure allora si lasciò convincere ad inseguirli, anzi, mantenendo in file serrate lo schieramento dei 60 cavalieri della guardia del corpo, si chiedeva cosa avrebbe fatto il re. E infatti sapeva che il re si trovava nel mezzo dell’esercito persiano. E tutti i comandanti dei barbari guidano ( il proprio esercito ) tenendo la posizione centrale delle proprie truppe, poichè credono in tal modo di essere anche nel punto più sicuro, qualora le loro schiere si trovino disposte sui due lati. Inoltre, se avessero la necessità di inviare qualche messaggio, l’esercito potrebbe sentirlo nella metà del tempo.

 

Ciro muore in battaglia  ( I, 8 23 - 29 )

Testo originale

Ed il re proprio allora, pur collocato in mezzo al proprio esercito, tuttavia venne a trovarsi oltre l’ala sinistra di Ciro. Dunque, dal momento che nessuno gli si opponeva di fronte, e non era ostacolato da quelli schierati di fronte a lui, ripiegava per operare un accerchiamento. Allora Ciro, temendo che, una volta trovatosi alle loro spalle il re potesse massacrare l’esercito greco, marcia loro incontro. Allora, attaccando con i suoi 60, vince coloro che sono schierati davanti al re e costrinse alla fuga i suoi 60000. Si dice inoltre che egli uccise di propria mano il loro comandante Artagerse. Dunque, non appena cominciò la fuga, si disperdono anche i 60 di Ciro che si erano gettati all’inseguimento, fatta eccezione per pochissimi del suo seguito che rimasero indietro, più o meno i cosiddetti “commensali”. Mentre si trovava insieme a costoro, dunque, Ciro scorge il re l’enorme massa del suo seguito, e non riuscì a trattenersi, anzi, gridato “lo vedo”, si gettava contro di lui e lo ferisce sotto lo sterno e lo colpisce al torace, come racconta il medico Ctesia. Quest’ultimo riferisce di avergli personalmente curato la ferita. Tuttavia qualcuno colpisce violentemente con una lancia Ciro sotto l’occhio, mentre vibra il colpo. Allora, mentre il re, Ciro ed i loro seguiti stanno combattendo gli uni contro gli altri, Ctesia racconta quanti morissero nel seguito del re: infatti si trovava vicino a lui; Ciro stesso dunque morì ed otto dei migliori soldati del suo seguito giacevano sopra di lui. Si racconta che Artapate, il suo uomo più fidato fra i dignitari che portavano lo scettro, quando vide che Ciro era caduto, sceso da cavallo, si buttò su di lui. Ed alcuni dicono che il re ordinò a qualcuno di sgozzarlo sul corpo di Ciro, altri che lo strangolò di persona, tirando con violenza la sua sciabola: infatti ne aveva una d’oro; inoltre portava una collana, braccialetti e tutti gli altri ornamenti, come i più distinti tra i persiani; era stato infatti onorato da Ciro per benevolenza e lealtà.