Tacito,

Annales

 

Il piano si delinea (Liber XV, 53)

53. Stabilirono infine di dare esecuzione al piano nel giorno dei ludi circensi in onore di Cerere, perché Nerone, che se ne stava rinchiuso, salvo rare uscite, nel Palazzo o nei suoi giardini, frequentava invece gli spettacoli del circo, dove era più facile avvicinarlo nel clima festoso dello spettacolo. L'attentato era previsto secondo questa successione: Laterano, in atto di pregarlo, fingendo una richiesta di aiuto per le sue condizioni economiche, doveva buttarsi alle ginocchia del principe e, coraggioso e aitante com'era, abbatterlo, cogliendolo di sorpresa, e tenerlo fermo; poi, mentre era a terra immobilizzato, i tribuni e i centurioni e chi altri avesse avuto l'ardire, sarebbe accorso a trucidarlo. Chiese per sé un ruolo di primo piano Scevino, che aveva preso un pugnale dal tempio della dea Salute o, secondo un'altra versione, dal tempio della Fortuna nella città di Ferento: pugnale che portava sempre con sé, quasi consacrato ad un grande gesto. Pisone intanto avrebbe atteso presso il tempio di Cerere, da dove il prefetto Fenio e gli altri l'avrebbero preso e portato al campo dei pretoriani, accompagnato da Antonia, figlia di Claudio Cesare, per suscitare le simpatie del popolo. Così almeno attesta Gaio Plinio. Non abbiamo voluto sottacere questa notizia, indipendentemente dalla sua fondatezza, benché sembri poco probabile che Antonia abbia messo in gioco, per una labile speranza, il suo nome e la vita, o che Pisone, di cui era noto l'amore per la moglie, si fosse impegnato per un altro matrimonio. Ma forse la brama del dominio è più forte d'ogni passione.

Testo originale

Tandem statuere circensium ludorum die, qui Cereri celebratur, exequi destinata, quia Caesar rarus egressu domoque aut hortis clausus ad ludicra circi ventitabat promptioresque aditus erant laetitia spectaculi. ordinem insidiis composuerant, ut Lateranus, quasi subsidium rei familiari oraret, deprecabundus et genibus principis accidens prosterneret incautum premeretque, animi validus et corpore ingens; tum iacentem et impeditum tribuni et centuriones et ceterorum, ut quisque audentiae habuisset, adcurrerent trucidarentque, primas sibi partis expostulante Scaevino, qui pugionem templo Salutis [in Etruria] sive, ut alii tradidere, Fortunae Ferentino in oppido detraxerat gestabatque velut magno operi sacrum. interim Piso apud aedem Cereris opperiretur, unde eum praefectus Faenius et ceteri accitum ferrent in castra, comitante Antonia, Claudii Caesaris filia, ad eliciendum vulgi favorem, quod C. Plinius memorat. nobis quoquo modo traditum non occultare in animo fuit, quamvis absurdum videretur aut inanem ad spem Antoniam nomen et periculum commodavisse aut Pisonem notum amore uxoris alii matrimonio se obstrinxisse, nisi si cupido dominandi cunctis adfectibus flagrantior est.

 


Un liberto parla ed i congiurati sono traditi (Liber XV, 54)

54. Sorprende davvero come tra gente disparata per ceto sociale, età e sesso, come tra uomini ricchi e poveri tutto sia stato tenuto in un silenzio totale, finché il tradimento prese avvio dalla casa di Scevino. Costui, alla vigilia dell'attentato, ebbe un lungo colloquio con Antonio Natale e poi, rientrato a casa, pose i sigilli al proprio testamento; tratto quindi dal fodero il pugnale, di cui si è detto, e constatando, innervosito, che col tempo aveva perso il filo, lo diede da arrotare su una mola, fino a renderne scintillante la punta, assegnando l'incarico al liberto Milico. Fu intanto imbandito un banchetto più sontuoso del solito, e gli schiavi più affezionati ebbero in dono la libertà, gli altri del denaro. Ma appariva preoccupato e visibilmente immerso in pensieri serissimi, benché fingesse allegria con discorsi disinvolti. Infine chiese, sempre a Milico, di preparare bende per ferite e l'occorrente per fermare il sangue: non si sa se il liberto fosse al corrente della congiura e fino ad allora fedele, o se - e questa è la versione dei più - all'oscuro di tutto, avesse sviluppato allora i primi sospetti. Sui fatti successivi sono tutti d'accordo. Quando infatti, nel suo animo servile, valutò i premi del perfido tradimento e gli balenarono d'innanzi denaro e potenza, svanirono il senso del dovere, il pensiero della sorte del patrono, il ricordo della libertà ricevuta. Si era consultato anche con la moglie e ne aveva avuto un consiglio da donna, il peggiore appunto; anzi essa gli istillò anche la paura: molti erano i liberti e gli schiavi che avevano visto le stesse cose, e il silenzio di uno solo non sarebbe servito a nulla, mentre i premi non potevano che toccare a chi avesse anticipato gli altri nella denuncia.

Testo originale

Sed mirum quam inter diversi generis ordinis, aetatis sexus, ditis pauperes taciturnitate omnia cohibita sint, donec proditio coepit e domo Scaevini; qui pridie insidiarum multo sermone cum Antonio Natale, dein regressus domum testamentum obsignavit, promptum vagina pugio- nem, de quo supra rettuli, vetustate obtusum increpans asperari saxo et in mucronem ardescere iussit eamque curam liberto Milicho mandavit. simul adfluentius solito convivium initum, servorum carissimi libertate et alii pecunia donati; atque ipse maestus et magnae cogitationis manifestus erat, quamvis laetitiam vagis sermonibus simularet. postremo vulneribus ligamenta quibusque sistitur sanguis parare eundem Milichum monet, sive gnarum coniurationis et illuc usque fidum, seu nescium et tunc primum arreptis suspicionibus, ut plerique tradidere [de consequentibus]. nam cum secum servilis animus praemia perfidiae reputavit simulque immensa pecunia et potentia obversabantur, cessit fas et salus patroni et acceptae libertatis memoria. etenim uxoris quoque consilium adsumpserat muliebre ac deterius: quippe ultro metum intentabat, multosque adstitisse libertos ac servos qui eadem viderint: nihil profuturum unius silentium, at praemia penes unum fore qui indicio praevenisset.



La denuncia di Milico (Liber XV, 55)

55. All'alba dunque Milico si diresse agli orti di Servilio. Trovandosi sbarrato il passaggio, insiste nel dire che reca informazioni importanti e terribili finché i portieri lo conducono dal liberto di Nerone Epafrodito e questi, subito, da Nerone, al quale spiega il pericolo imminente, la serietà della congiura e quant'altro aveva udito e supposto; mostra anche l'arma destinata a ucciderlo e chiede di far venire l'accusato. Trascinato lì dai soldati, Scevino rispose a sua difesa che l'arma, per cui lo si accusava, era un caro ricordo di suo padre; la teneva in camera e il liberto gliela aveva perfidamente sottratta. Quanto al testamento, l'aveva steso più volte, senza preoccuparsi di annotare quando. Il denaro e la libertà agli schiavi li aveva donati anche prima, ma in quell'occasione con maggiore generosità, perché, col patrimonio in dissesto e sotto le pressioni dei creditori, non si fidava del testamento. La tavola poi l'aveva sempre imbandita senza risparmio; e la sua vita era gaudente e non riceveva certo approvazione da parte di severi censori. Circa le bende per le ferite, nessun ordine era venuto da lui, ma, poiché gli altri addebiti risultavano chiaramente inconsistenti, il liberto aggiungeva ora quest'accusa, per essere al contempo accusatore e teste. Accompagnò le sue delucidazioni con un tono sicuro e disinvolto. Passa poi, a sua volta, ad accusare il liberto di essere un detestabile figuro, con un tono di voce e un'espressione così ferma, che ormai l'accusa si sgretolava, senonché la moglie ricordò a Milico che Antonio Natale aveva parlato a lungo e in segreto con Scevino e che erano entrambi intimi di Pisone.

Testo originale

Igitur coepta luce Milichus in hortos Servilianos pergit; et cum foribus arceretur, magna et atrocia adferre dictitans deductusque ab ianitoribus ad libertum Neronis Epaphroditum, mox ab eo ad Neronem, urgens periculum, gravis coniuratos et cetera quae audiverat coniectaverat docet. telum quoque in necem eius paratum ostendit accirique reum iussit. is raptus per milites et defensionem orsus, ferrum cuius argueretur olim religione patria cultum et in cubiculo habitum ac fraude liberti subreptum respondit. tabulas testamenti saepius a se et incustodita dierum observatione signatas. pecunias et libertates servis et ante dono datas, sed ideo tunc largius quia tenui iam re familiari et instantibus creditoribus testamento diffideret. enimvero liberalis semper epulas struxisse, vitam amoenam et duris iudicibus parum probatam. fomenta vulneribus nulla iussu suo sed, quia cetera palam vana obiecisset, adiungere crimen cuius se pariter indicem et testem faceret. adicit dictis constantiam; incusat ultro intestabilem et consceleratum tanta vocis ac vultus securitate ut labaret indicium, nisi Milichum uxor admonuisset Antonium Natalem multa cum Scaevino ac secreta conlocutum et esse utrosque C. Pisonis intimos.