Tacito

Annales, VI, 32

 

Tiberio pone Vitellio a capo delle operazioni in Oriente

32. Era ciò che Tiberio attendeva: colma di onori Fraate e lo prepara alla riconquista del soglio paterno, fedele al principio di regolare la politica estera con le astuzie della diplomazia, senza ricorso alle armi. Artabano frattanto, scoperto il complotto, alternava lentezze, dettate dalla paura, a vampate per il desiderio di vendetta. E benché ai barbari il prender tempo paia comportamento servile e invece gesto regale la reazione immediata, in Artabano prevalse la scelta più utile: fingendogli amicizia, invitò Abdo a un banchetto e lo mise fuori causa con un lento veleno, e al tempo stesso trattenne Sinnace con doni e dissimulazione e incarichi di varia natura. In Siria intanto Fraate, nel tentativo di riadattarsi alle abitudini dei Parti, dimenticate in tanti anni di assuefazione alla vita di Roma, troppo debole per il tipo di vita della sua gente, morì di malattia. Ma Tiberio non desistette dalla sua linea. Sceglie Tiridate, anch'egli di sangue arsacide, come rivale di Artabano e destina l'ibero Mitridate alla riconquista dell'Armenia, riconciliandolo con il fratello Farasmane, che deteneva il potere nel suo paese; a Lucio Vitellio affida la responsabilità di tutte le operazioni in Oriente. Quest'uomo - ne sono assolutamente consapevole - ha lasciato una fama sinistra a Roma e il ricordo di innumerevoli turpidini, ma nel governo delle province dimostrò la capacità degli uomini del passato; al suo ritorno, poi, la paura di Gaio Cesare e la familiarità con Claudio lo trasformarono in un servile cortigiano, ed è passato presso i posteri come esempio di indecorosa adulazione. Il pregevole debutto è stato smentito dalla sua fine e le vergogne della vecchiaia hanno cancellato le doti della giovinezza.

 

Testo originale

XXXII. Cupitum id Tiberio: ornat Phraaten accingitque paternum ad fastigium, destinata retinens, consiliis et astu res externas moliri, arma procul habere. Interea cognitis insidiis Artabanus tardari metu, modo cupidine uindictae inardescere. Et barbaris cunctatio seruilis, statim exequi regium uidetur: ualuit tamen utilitas, ut Abdum specie amicitiae uocatum ad epulas lento ueneno inligaret, Sinnacen dissimulatione ac donis, simul per negotia moraretur. Et Phraates apud Syriam dum omisso cultu Romano, cui per tot annos insueuerat, instituta Parthorum sumit, patriis moribus impar morbo absumptus est. Sed non Tiberius omisit incepta: Tiridaten sanguinis eiusdem aemulum Artabano reciperandaeque Armeniae Hiberum Mitbridaten deligit conciliatque fratri Phamsmani, qui gentile imperium obtinebat; et cunctis quae apud Orientem parabantur L. Vitellium praefecit. Eo de homine haud sum ignarus sinistram in urbe famam, plemque foeda memorari; ceterum regendis prouinciis prisca uirtute egit. Vnde regressus et formidine G. Caesaris, familiaritate Claudii turpe in seruitium mutatus exemplar apud posteros adulatorii dedecoris habetur, cesseruntque prima postremis, et bona iuuentae senectus flagitiosa oblitterauit.