Svetonio

Vita di Claudio, XXV

 

I Giudei sono espulsi dalla Capitale 

Poiché i Giudei si sollevavano continuamente su istigazione di un certo Cresto, li scacciò da Roma. Concesse agli ambasciatori germanici di sedere nell'orchestra, perché era stato colpito dalla condotta semplice e fiera di questi barbari che, elevati al rango di popolo, quando vennero a sapere che Parti ed Armeni si trovavano nel Senato, spontaneamente erano andati a collocarsi vicino a loro, dichiarando che non erano inferiori a nessuno né per valore né per nobiltà. Soppresse completamente in Gallia l'inumana e feroce religione dei Druidi, che, ai tempi di Augusto, era stata interdetta ai soli cittadini romani. Al contrario volle trapiantare anche a Roma, dall'attica, i misteri di Eleusi e chiese che si facesse ricostruire a spese dello Stato il tempio siciliano di Venere Ericina, diroccato dal tempo. Concluse un trattato con alcuni re nel foro, dopo aver immolato una scrofa e fatto recitare l'antica formula dei feziali. Ma per queste differenti misure, o altre simili, e per tutto quanto, egli seguì per lo più l'iniziativa delle sue mogli e dei suoi liberti, piuttosto che la sua, mostrandosi ordinariamente, in ogni circostanza, quale lo richiedeva il loro interesse o il loro capriccio.

Testo originale

Iudaeos impulsores Chresto assidue tumultuantis Roma expulit. Germanorum legatis in orchestra sedere permisit, simplicitate eorum et fiducia commotus, quod in popularia deducti, cum animaduertissent Parthos et Armenios sedentis in senatu, ad eadem loca sponte transierant, nihilo deteriorem uirtutem aut condicionem suam praedicantes. Druidarum religionem apud Gallos dirae immanitatis et tantum ciuibus sub Augusto interdictam penitus aboleuit; contra sacra Eleuisinia etiam transferre ex Attica Romam conatus est, templumque in Sicilia Veneri Erycinae uetustate conlapsum ut ex aerario pop. R. reficeretur, auctor fuit. Cum regibus foedus in foro icit porca caesa ac uetere fetialium praefatione adhibita. Sed et haec et cetera totumque adeo ex parte magna principatum non tam suo quam uxorum libertorumque arbitrio administrauit, talis ubique plerumque, qualem esse eum aut expediret illis aut liberet.