Seneca,

Naturales Quaestiones, VII, 30

 

Il rispetto verso gli dei

Dice molto bene Aristotele che mai dobbiamo mostrare maggior rispetto di quando si tratta degli dei. Se entriamo nei templi con atteggiamento composto, se, per accostarci al sacrificio, teniamo lo sguardo rivolto a terra, alziamo raccogliendo a noi la toga, se ci atteggiamo ad ogni prova di un comportamento riguardoso, quanto maggiormente dovremmo farlo quando discutiamo degli astri, dei corpi celesti e della natura degli dei, per non fare osservazioni a caso, imprudentemente o per ignoranza o mentire pur conoscendo la verità. E non stupiamoci se così lentamente emerge ciò che giace a tale profondità. Panezio e quanti vogliono che sembri che la cometa non sia un corpo celeste normale ma un'apparenza ingannevole di astro devono esporre minuziosamente se ugualmente ogni parte dell'anno sia adatta all'apparizione delle comete, se ogni regione del cielo sia idonea alla loro formazione e se, in qualunque luogo si muovano, lì possano anche aver origine, e tutte le altre questioni di questo tipo. E tutte queste si eliminano, quando affermo che non sono dei fuochi casuali, ma organicamente inseriti nell'universo, che non li porta con frequenza ( al nostro sguardo ), ma li muove di nascosto. Chissà quanti altri corpi oltre a questi si muovono di nascosto e non appaiono mai agli occhi dell'uomo!

Testo originale

Egregie Aristoteles ait numquam nos uerecundiores esse debere quam cum de diis agitur. Si intramus templa compositi, si ad sacrificium accessuri uultum submittimus, togam adducimus, si in omne argumentum modestiae fingimur, quanto hoc magis facere debemus, cum de sideribus de stellis de deorum natura disputamus, ne quid temere, ne quid impudenter aut ignorantes affirmemus, aut scientes mentiamur! Nec miremur tam tarde erui quae tam alte iacent. Panaetio et his qui uideri uolunt cometen non esse ordinarium sidus sed falsam sideris faciem diligenter tractandum est an aeque omnis pars anni edendis cometis satis apta sit, an omnis caeli regio idonea in qua creentur, an, quacumque ire, ibi etiam concipi possint, et cetera. Quae uniuersa tolluntur, cum dico illos non fortuitos esse ignes sed intextos mundo, quos non frequenter educit sed in occulto mouet. Quam multa praeter hos per secretum eunt numquam humanis oculis orientia!

 

La Natura si rivela all'uomo

Ed infatti dio non ha fatto tutto per l'uomo. Quanta piccola parte di un'opera tanto vasta ci è riservata? Persino colui che regge quest'universo, che l'ha fondato, che ha dato origine a tutto ciò e se ne è circondato ed è la parte maggiore e migliore della sua opera, sfugge ai nostri occhi; dobbiamo vederlo con il pensiero. Inoltre molte entità affini al sommo nume e che hanno avuto in sorte una potenza simile sono oscure o forse - fatto di cui ci si potrebbe maggiormente stupire - riempiono e sfuggono contemporaneamente i nostri occhi, oppure sono tanto sottili quanto non può essere percepito dall'acutezza degli occhi dell'uomo, oppure una così grande maestà si è nascosta in un rifugio troppo sacro e governa il suo regno - cioè se stesso - e non dà accesso ad alcuno se non all'animo. Non possiamo conoscere cosa sia quest'entità senza la quale nulla esiste, e ci stupiamo se conosciamo poco dei piccoli fuochi, mentre la parte più vasta dell'universo - dio - ci è completamente nascosta!

Testo originale

Neque enim omnia deus homini fecit. Quota pars operis tanti nobis committitur? Ipse qui ista tractat, qui condidit, qui totum hoc fundauit deditque circa se, maiorque est pars sui operis ac melior, effugit oculos; cogi- tatione uisendus est. Multa praeterea cognata numini summo et uicinam sortita potentiam obscura sunt aut fortasse, quod magis mireris, oculos nostros et implent et effugiunt, siue illis tanta subtilitas est quantam consequi acies humana non possit, siue in sanctiore secessu maiestas tanta delituit et regnum suum, id est se, regit, nec ulli dat aditum nisi animo. Quid sit hoc sine quo nihil est scire non possumus, et miramur si quos igniculos parum nouimus, cum maxima pars mundi, deus, lateat!

 

Misteri destinati ad altri

Quanti animali abbiamo per la prima volta conosciuto in questo secolo, quanti oggetti neppure in questo secolo ! Le popolazioni del secolo venturo conosceranno molte cose ora sconosciute a noi; molte scoperte sono riservate ai secoli futuri, quando il ricordo di noi si sarà spento. Il mondo sarebbe una cosetta meschina, se in esso tutto il genere umano non avesse materia per le sue indagini. Alcuni riti sacri non sono stati tramandati in una sola volta. Eleusi custodisce ciò che deve mostrare a coloro che tornano in visita; la natura non tramanda i suoi segreti in una sola volta. Io credo che noi siamo degli iniziati, fermi alla sua soglia. Quei segreti non sono a disposizione senza distinzione a tutti; sono appartati e chiusi nel sacrario più interno; e sarà la nostra epoca a guardarne una parte, un'altra l'epoca che subentrerà a noi.

Testo originale

 Quam multa animalia hoc primum cognouimus saeculo, quam multa negotia ne hoc quidem! Multa uenientis aeui populus ignota nobis sciet; multa saeculis tunc futuris cum memoria nostri exoleuerit reseruantur. Pusilla res mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat. Non semel quaedam sacra traduntur: Eleusin seruat quod ostendat reuisentibus; rerum natura sacra sua non semel tradit. Initiatos nos credimus, in uestibulo eius haeremus. Illa arcana non promiscue nec omnibus patent; reducta et interiore sacrario clausa sunt, ex quibus aliud haec aetas, aliud quae post nos subibit aspiciet.