Plutarco

  

La spedizione in Britannia (Vita Caesaris, 23, 1-4)

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Dopo aver dunque fatto passare l’esercito, poiché nessuno osò avvicinarglisi, ma anche perché i fortissimi Suebi della Germania si erano ritirati sulle alture e nelle gole boscose, dopo aver dato alle fiamme la terra dei nemici ed aver incoraggiato coloro che da sempre accoglievano la dominazione romana, tornò di nuovo in Galatia, dopo aver trascorso 18 giorni in Germania. Dunque la spedizione contro i Britanni aveva un ardire degno di essere ricordato: per primo, infatti, con una flotta raggiunse l’Oceano Occidentale e navigò lungo il Mare Atlantico portando un esercito da guerra, ed estese il dominio romano oltre la terra abitata. Dopo aver eseguito due attraversamenti della Galatia, che stava proprio di fronte all’isola, essendosi impegnato in molte battaglie e ridotto a mal partito, quasi arrecando più vantaggio ai suoi nemici che ai suoi ( infatti non era nemmeno possibile prendere qualcosa da uomini che vivevano tra gli stenti della povertà ), persa ogni volontà, pose fine alla guerra e, dopo aver preso degli ostaggi dal re ed aver imposto dei tributi, se ne andò dall’isola.

 

 

La rivalità tra Cesare e Silla ( Vita Caesaris, 1, 2-8 )

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Causa dunque per Cesare del suo odio nei confronti di Silla fu l’amicizia che nutriva nei confronti di Mario: Mario, infatti, abitava con la sorella Giulia del padre di Cesare. Poiché dunque egli da principio, malvisto da Silla per le sue occupazioni e per il gran numero di delitti, non lo trattò affabilmente, anzi si presentò in assemblea aspirando alla dignità sacerdotale quando non era ancora un ragazzo, Silla, oppostogli, fece in modo che perdesse la carica; mentre poi trattava della sua impresa, poiché alcuni dicevano che non era ragionevole uccidere un ragazzo così giovane, disse che essi sragionavano se non riuscivano a scorgere in quel ragazzo molti Marii. Dopo che venne  tenuto questo discorso contro di lui, a lungo Cesare si nascose errando nelle Sabine; in un secondo tempo, sceso in direzione della costa, tornò in barca in Bitinia presso il re Nicomede. E, trascorso non molto tempo presso quest’ultimo, fu catturato dai pirati presso Farmacomisi, sulla strada del ritorno per mare. I pirati, infatti, già allora controllavano il mare con grandi equipaggi ed enormi navi.

 

Plutarco   

Cesare catturato dai pirati (Vita Caesaris, 2, 1-7)

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All’inizio, dunque, quando venne chiesto da parte loro un riscatto di 20 talenti, ne rise, poiché non capivano chi avessero catturato, ed egli promise che ne avrebbe dati 50; in seguito, inviati gli uomini del suo seguito chi in una città chi in un’altra per procurarsi le ricchezze, rimasto tra le rozzissime genti cilicie con un amico e due consiglieri, si comportava tanto altezzosamente che, ogni qual volta andava a riposare, ordinava loro di tacere inviando un servo. Poi, trascorsi i 40 giorni mancanti, quasi non fosse sorvegliato ma piuttosto protetto da loro, con molta sfrontatezza faceva ginnastica e scherzava con loro; scrivendo poi poesie e discorsi, li faceva loro ascoltare e definiva barbari ed incolti quelli che non li apprezzavano, e spesso mettendosi a ridere minacciò di impiccarli; i pirati, poi, erano contenti di avere questo tipo di conversazione franca, con semplicità ed educazione. Quando dunque giunsero da Mileto i soldi del riscatto e poté ripartire dopo averli consegnati, una volta compiuto il viaggio per mare, immediatamente tornò verso i pirati dal porto di Mileto; assalite le barche di guardia tutt’attorno all’isola, ne catturò la maggior parte. Fece razzia delle loro ricchezze e impalò tutti gli uomini, come aveva preannunciato loro sull’isola, quando sembrava che scherzasse.

 

Plutarco   

Cicerone in esilio (Vita Ciceronis, 32, 3 - 6)

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Scoraggiato da questi rifiuti, partì per Brindisi e, mentre passava da lì a Durazzo con il vento favorevole, quando il vento prese a soffiare al contrario dal mare, tornò indietro sul fare del giorno, poi fu di nuovo trasportato sull’altra sponda. Si racconta poi che, dopo aver fatto il viaggio verso Durazzo e mentre stava per  sbarcare, si verificò una scossa della terra e contemporaneamente uno sconvolgimento del mare. Da questi fenomeni gli indovini presagirono che il suo esilio non sarebbe stato duraturo: questi erano i segni di un cambiamento. Sebbene molte persone lo frequentassero per ammirazione e le città greche facessero a gara per inviargli ambascerie, trascorse tuttavia la maggior parte del tempo triste ed addolorato, guardando verso l’Italia come le persone folli d’amore, ridotto in malo modo ed infelice per il troppo pensarci e completamente prostrato per la disgrazia, come non ci si aspetterebbe da un uomo vissuto con una tale cultura.