Petronio

Satyricon, 45

 

I giochi, una distrazione dalla crisi economica - Sat. 45 

45 Ma per piacere» lo interrompe Echione, il rigattiere, «non hai niente di più allegro da raccontarci? "Un po' su e un po' giù", disse il contadino, dopo aver perso il maiale pezzato. Quello che non è oggi, sarà domani. Così va la vita. Se solo ci fossero degli uomini con gli attributi, per Giove, questo sì che sarebbe il migliore dei paesi! Adesso invece è piena crisi, e mica solo qui da noi. Non dobbiamo fare tanto i difficili: tutto il mondo è paese. Se tu abitassi da un'altra parte, diresti che qui dalle nostre parti i maiali vanno in giro per le strade già belli e cotti. E poi abbiamo la prospettiva di goderci tre giorni di magnifico spettacolo: al posto dei gladiatori di professione un bel grappolo di liberti. Il nostro Tito ha un cuore grosso così ed è pieno di iniziative. Comunque, o questo o quello, alla fin fine qualcosa succederà. Non è tipo da fare le cose a metà, credete a me che con lui sono quasi un fratello. Farà gareggiare i più grossi campioni in duelli all'ultimo sangue, col gran massacro finale al centro, che possano vedere tutti gli spettatori. I mezzi per farlo li ha senza dubbio. Quando suo padre - pace all'anima sua - è morto, lui si è beccato trenta milioni di sesterzi. Se anche ne spende quattrocentomila, il suo gruzzolo certo non ne risente, ed il suo nome verrà ricordato in eterno. 

Testo originale

XLV. "Oro te, inquit Echion centonarius, melius loquere. "Modo sic, modo sic" inquit rusticus: uarium porcum perdiderat. Quod hodie non est, cras erit: sic uita truditur. Non mehercules patria melior dici potest, si homines haberet. Sed laborat hoc tempore, nec haec sola. Non debemus delicati esse; ubique medius caelus est. Tu si aliubi fueris, dices hic porcos coctos ambulare. Et ecce habituri sumus munus excellente in triduo die festa; familia non lanisticia, sed plurimi liberti. Et Titus noster magnum animum habet, et est caldicerebrius. Aut hoc aut illud erit, quid utique. Nam illi domesticus sum, non est miscix. Ferrum optimum daturus est, sine fuga, carnarium in medio, ut imphitheater uideat. Et habet unde. Relictum est illi sestertium tricenties: decessit illius pater male. Vt quadringenta impendat, non sentiet patrimonium illius, et sempiterno nominabitur.

 

 

Il tesoriere di Glicone - Sat. 45

[Tito, l'organizzatore dei giochi] ha già per le mani qualche bel pezzo di galera, più una tizia che combatte sul carro e il tesoriere di Glicone, quello che hanno beccato mentre se la faceva con la padrona. E in mezzo al pubblico vedrai che risse tra i mariti gelosi e i seduttori di professione. E quel pezzente di Glicone, che ha fatto buttare il tesoriere tra le belve? Questo sì che è svergognarsi agli occhi di tutti! Che colpa aveva il servo, se era la padrona che lo costringeva a farlo? Lei piuttosto, quella porcellona, meriterebbe che se la sbattesse un toro. Ma è proprio vero che chi non può bastonare l'asino, se la prende col bastone. E poi Glicone che cosa si credeva, che dalla gramigna di Ermogene venisse fuori qualcosa di buono? Avrebbe anche potuto tagliare le unghie a un nibbio in volo, tanto da un serpente non nasce mica una corda. E Glicone, Glicone ha avuto quello che si meritava: le corna se le porta dietro finché campa, e non gliele toglie nemmeno il diavolo in persona. Chi rompe paga, e i cocci sono tutti suoi. 

Testo originale

Iam Manios aliquot habet et mulierem essedariam et dispensatorem Glyconis, qui deprehensus est cum dominam suam delectaretur. Videbis populi rixam inter zelotypos et amasiunculos. Glyco autem, sestertiarius homo, dispensatorem ad bestias dedit. Hoc est se ipsum traducere. Quid seruus peccauit, qui coactus est facere? Magis illa matella digna fuit quam taurus iactaret. Sed qui asinum non potest, stratum caedit. Quid autem Glyco putabat Hermogenis filicem unquam bonum exitum facturam? Ille miluo uolanti poterat ungues resecare; colubra restem non parit. Glyco, Glyco dedit suas; itaque quamdiu uixerit, habebit stigmam, nec illam nisi Orcus delebit. Sed sibi quisque peccat. 

 

 

Uno spettacolo mal organizzato - Sat. 45

Io sento già il profumo del banchetto che ci offrirà Mammea, e le due monete d'oro che ci scapperanno per me e per i miei. Se lo farà davvero, porterà via a Norbano tutto il favore della gente. Puoi scommetterci che per lui sarà un trionfo. Ma, a conti fatti, da questo tizio che cosa ci abbiamo ricavato? Ha fatto gareggiare dei gladiatori da schifo, con un piede nella bara, che cadevano se c'era vento. In passato ho visto dei condannati che di fronte alle bestie erano molto meglio di loro. Ha fatto ammazzare dei cavalieri da lampade, che sembravano dei galli da pollaio. Uno era da caricarlo sul mulo, l'altro aveva i piedi piatti e il terzo, che doveva sostituire un morto, era già morto pure lui con i tendini tagliati. L'unico con un po' di fiato da spendere era un Trace, ma pure lui combatteva come se fosse in palestra. Alla fine li dovettero frustare, tanto la folla gridava "Dagli, dagli!": dei veri campioni dell'arte della fuga. "Io comunque uno spettacolo te l'ho offerto", dice lui. E io ti rispondo: "Ti ho battuto le mani. Tu fatti i tuoi bravi conti, e vedrai che ti ho dato più di quello che ho ricevuto. Una mano lava l'altra"».

Testo originale

Sed subolfacio quia nobis epulum daturus est Mammaea, binos denarios mihi et meis. Quod si hoc fecerit, eripiat Norbano totum fauorem. Scias oportet plenis uelis hunc uinciturum. Et reuera, quid ille nobis boni fecit? Dedit gladiatores sestertiarios iam decrepitos, quos si sufflasses, cecidissent; iam meliores bestiarios uidi. Occidit de lucerna equites; putares eos gallos gallinaceos: alter burdubasta, alter loripes, tertiarius mortuus pro mortuo, qui haberet neruia praecisa. Vnus alicuius flaturae fuit Thraex, qui et ipse ad dictata pugnauit. Ad summam, omnes postea secti sunt; adeo de magna turba "Adhibete" acceperant: plane fugae merae. Munus tamen, inquit, tibi dedi": et ego tibi plodo. Computa, et tibi plus do quam accepi. Manus manum lauat.