TITO LUCREZIO CARO

De rerum natura

 

Gli incubi ti distrarranno dal buon fine

Liber I, vv. 102-106

Ma proprio tu in una qualche occasione, vinto dalle parole terribili dei vati, cercherai di andartene da noi. Perché, infatti, quanti incubi possono raffigurarti ora, tali da poter ribaltare la logica della vita e intorbidare di terrore tutto ciò che ti accade!

Testo originale


    Tutemet a nobis iam quouis tempore uatum             102
terriloquis uictus dictis desciscere quaeres.
quippe etenim quam multa tibi iam fingere possunt
somnia quae uitae rationes uertere possint
fortunasque tuas omnis turbare timore!                         106

 

 

Un limite alle sofferenze umane

Liber I, vv. 107-111

Sicuramente: infatti, se gli uomini vedessero che esiste un limite ben determinato delle sofferenze, in qualche modo riuscirebbero ad opporsi alle religioni ed alle minacce dei vati. Ma ora non c’è alcun mezzo per opporsi, alcuna possibilità, poiché nella morte si deve aver paura di pene eterne.

 Testo originale

    et merito. nam si certam finem esse uiderent        107
aerumnarum homines, aliqua ratione ualerent
religionibus atque minis obsistere uatum.
nunc ratio nulla est restandi, nulla facultas,
aeternas quoniam poenas in morte timendumst.        111

 


La natura dell'anima umana

Liber I, vv. 112-126

Non si sa, infatti, quale sia la natura dell’anima, se sia innata o, al contrario, penetri nei corpi che nascono, e contemporaneamente se muoia con noi, dissolta dalla morte, o giunga a vedere le tenebre dell’Orco e le vaste paludi, o se per intervento divino si insinui in altri animali, come cantò il nostro Ennio, che per primo portò giù dal ridente Elicona una corona di fronde perenni, che avesse splendida fama tra le genti d’Italia; anche se, tuttavia, oltre a ciò egli espone, manifestandole con versi eterni, che i templi acherontei esistono, dove non rimarrebbero né le anime né i nostri corpi, ma certi “fantasmi”, pallidi in modo mirabile; racconta che il fantasma di Omero sempre glorioso, per lui sorto da quel luogo, abbia iniziato a versare lacrime salate ed a esporgli a parole come è costituita la natura.

Testo originale

    ignoratur enim quae sit natura animai,                        112
nata sit an contra nascentibus insinuetur,
et simul intereat nobiscum morte dirempta
an tenebras Orci uisat uastasque lacunas
an pecudes alias diuinitus insinuet se,
Ennius ut noster cecinit qui primus amoeno
detulit ex Helicone perenni fronde coronam,
per gentis Italas hominum quae clara clueret;
etsi praeterea tamen esse Acherusia templa
Ennius aeternis exponit uersibus edens,
quo neque permaneant animae neque corpora nostra,
sed quaedam simulacra modis pallentia miris;
unde sibi exortam semper florentis Homeri
commemorat speciem lacrimas effundere salsas
coepisse et rerum naturam expandere dictis.                    126