Livio,

Ab Urbe Condita

L'episodio di Lucrezia

 

Una sventurata scommessa (Liber I, 57, 4-11)

In questi accampamenti militari, come accade in una guerra che sia più lunga che difficile, c’erano con una certa frequenza delle licenze, tuttavia più per gli ufficiali che per i soldati semplici; i giovani reali, per esempio, talvolta passavano fra loro il tempo in banchetti e gozzoviglie. Mentre una volta essi stavano bevendo presso (la tenda di) Sesto Tarquinio, dove banchettava anche T. Collatino, figlio di Egerio, si venne a parlare delle mogli; ciascuno lodva la propria in modo ammirevole. Dunque, accesasi una disputa, Collatino afferma che non servono le parole: in poche ore avrebbero potuto sapere quanto la sua Lucrezia fosse superiore a tutte le altre.

“Perché, se abbiamo il vigore della giovinezza, non montiamo a cavallo e osserviamo di persona l’indole delle nostre mogli? Per ciascuno la prova più sicura sarebbe ciò che si presenti alla vista all’arrivo non atteso dai mariti”. Si erano riscaldati col vino; “Su, dunque!” dicono tutti; a briglie sciolte corrono verso Roma. Dopo esservi arrivati mentre veniva notte, si dirigono da lì a Collazia, dove trovano Lucrezia, proprio per nulla come le spose dei figli del re, che avevano visto perdere tempo con le loro coetanee in lussuosi banchetti, ma occupata (a filare) la lana, benchè fosse notte inoltrata, seduta nel cuore della casa fra le ancelle che lavoravano a lume di candela. La vittoria di quella gara “femminile” toccò a Lucrezia. Il marito ed i Tarquini al loro arrivo furono accolti con benevolenza. Il marito vincitore invita con affabilità i figli del re. Lì un malvagio desiderio di violentare Lucrezia prende Sesto Tarquinio: lo incitano non solo la bellezza, ma anche la provata castità. Ed almeno per quell’occasione dopo quel notturno svago giovanile ritornano all’accampamento.

Testo originale

In his statiuis, ut fit longo magis quam acri bello, satis liberi commeatus erant, primoribus tamen magis quam militibus; regii quidem iuuenes interdum otium conuiuiis comisationibusque inter se terebant. forte potantibus his apud Sex. Tarquinium, ubi et Collatinus cenabat Tarquinius, Egeri filius, incidit de uxoribus mentio. suam quisque laudare miris modis; inde certamine accenso Collatinus negat uerbis opus esse; paucis id quidem horis posse sciri quantum ceteris praestet Lucretia sua. 'quin, si uigor iuuentae inest, conscendimus equos inuisimusque praesentes nostrarum ingenia? id cuique spectatissimum sit quod necopinato uiri aduentu occurrerit oculis.' incaluerant uino; 'age sane' omnes; citatis equis auolant Romam. quo cum primis se intendentibus tenebris peruenissent, pergunt inde Collatiam, ubi Lucretiam haudquaquam ut regias nurus, quas in conuiuio luxuque cum aequalibus uiderant tempus terentes sed nocte sera deditam lanae inter lucubrantes ancillas in medio aedium sedentem inueniunt. muliebris certaminis laus penes Lucretiam fuit. adueniens uir Tarquiniique excepti benigne; uictor maritus comiter inuitat regios iuuenes. ibi Sex. Tarquinium mala libido Lucretiae per uim stuprandae capit; cum forma tum spectata castitas incitat. et tum quidem ab nocturno iuuenali ludo in castra redeunt.

 

La violenza di Tarquinio (Liber I, 58, 1-6)

Dopo aver lasciato passare alcuni giorni, Sesto Tarquinio all’insaputa di Collatino venne a Collazia con un compagno. E lì, accolto amichevolmente dagli abitanti ignari del suo proposito, dopo essere stato accompagnato, dopo la cena, in una camera per gli ospiti, preso dalla passione, dopo che tutto nei dintorni sembrava abbastanza tranquillo e tutti gli uomini addormentati, impugnata la spada si recò presso Lucrezia che dormiva e, premuto il petto della donna con la mano sinistra, disse: “Taci, Lucrezia, sono Sesto Tarquinio, ho una spada in mano; se dirai una sola parola, morirai!”. Poiché la donna, (svegliatasi) impaurita dal sonno, non vedeva alcuno scampo, ma la morte imminente, allora Tarquinio le confessava il suo amore, la pregava, univa minacce alle preghiere, tentava in ogni modo di far breccia nell’animo della donna. Poiché vedeva che ella era risoluta e non veniva piegata nemmeno dalla paura di morire, aggiunse il disonore alla paura: afferma che porrà accanto a lei morta un servo nudo strangolato, perché si dica che sia stata uccisa in uno squallido adulterio.

Dopo che, come una vincitrice, la passione ebbe la meglio con questa paura sulla irremovibile pudicizia, e Tarquinio partì, fiero per aver violato l’onore della donna, Lucrezia, triste per un male tanto grande, manda un medesimo messaggero dal padre a Roma e dal marito ad Ardea, perché vengano ciascuno con un amico fidato. Bisognava fare così ed agire in fretta: era capitato un fatto terribile.

Testo originale

Paucis interiectis diebus Sex. Tarquinius inscio Collatino cum comite uno Collatiam uenit. ubi exceptus benigne ab ignaris consilii cum post cenam in hospitale cubiculum deductus esset, amore ardens, postquam satis tuta circa sopitique omnes uidebantur, stricto gladio ad dormientem Lucretiam uenit sinistraque manu mulieris pectore oppresso 'tace, Lucretia' inquit; 'Sex. Tarquinius sum; ferrum in manu est; moriere, si emiseris uocem.' cum pauida ex somno mulier nullam opem, prope mortem imminentem uideret, tum Tarquinius fateri amorem, orare, miscere precibus minas, uersare in omnes partes muliebrem animum. ubi obstinatam uidebat et ne mortis quidem metu inclinari, addit ad metum dedecus: cum mortua iugulatum seruum nudum positurum ait, ut in sordido adulterio necata dicatur. quo terrore cum uicisset obstinatam pudicitiam uelut <ui> uictrix libido, profectusque inde Tarquinius ferox expugnato decore muliebri esset, Lucretia maesta tanto malo nuntium Romam eundem ad patrem Ardeamque ad uirum mittit, ut cum singulis fidelibus amicis ueniant; ita facto maturatoque opus esse; rem atrocem incidisse.

 

Il suicidio di Lucrezia (Liber I, 58, 6-12)

Spurio Lucrezio venne con Publio Valerio, figlio di Volesio, Collatino con Lucio Giunio Bruto, assieme al quale era stato per caso incontrato dal messaggero della moglie mentre ritornava a Roma. Trovano Lucrezia seduta nella camera da letto, infelice. All’arrivo dei suoi cari sgorgarono lacrime e disse al marito che le chiedeva :”Stai bene?” “Per nulla! Cosa c’è di buono per una donna che abbia perso l’onore? Sul tuo letto, Collatino, ci sono le tracce di un estraneo; del resto solo il corpo è stato violato, l’animo è innocente; la morte sarà testimone. Ma date le destre e prestate giuramento che l’adultero non resterà impunito. E’ Sesto Tarquinio, che la notte scorsa, armato, con la forza, nemico invece che ospite, ha ottenuto un piacere per me – ed anche per lui, se siete veri uomini – mortale.” Uno dopo l’altro prestano giuramento; consolano l’infelice distogliendo la colpa da lei che era stata costretta al responsabile del delitto: è la mente che pecca, non il corpo e la colpa non riguarda colui al quale sia mancata l’intenzione. “Guardate voi, disse, quale punizione gli spetti; io, benchè mi assolva dalla colpa, non mi libero dalla punizione. E nessuna donna svergognata vivrà sull’esempio di Lucrezia”. Si piantò nel cuore il coltello che aveva tenuto nascosto sotto la veste e, piegatasi sulla ferita, cadde morente. Sollevano grida il padre ed il marito.

Testo originale

Sp. Lucretius cum P. Ualerio Uolesi filio, Collatinus cum L. Iunio Bruto uenit, cum quo forte Romam rediens ab nuntio uxoris erat conuentus. Lucretiam sedentem maestam in cubiculo inueniunt. aduentu suorum lacrimae obortae, quaerentique uiro 'satin salue?' 'minime' inquit; 'quid enim salui est mulieri amissa pudicitia? uestigia uiri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; ceterum corpus est tantum uiolatum, animus insons; mors testis erit. sed date dexteras fidemque haud impune adultero fore. Sex. est Tarquinius qui hostis pro hospite priore nocte ui armatus mihi sibique, si uos uiri estis, pestiferum hinc abstulit gaudium.' dant ordine omnes fidem; consolantur aegram animi auertendo noxam ab coacta in auctorem delicti: mentem peccare, non corpus, et unde con- silium afuerit culpam abesse. 'uos' inquit 'uideritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absoluo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo uiuet.' cultrum, quem sub ueste abditum habebat, eum in corde defigit, prolapsaque in uolnus moribunda cecidit. conclamat uir paterque;