Catullo

Carmina

 

Carme XXXVIII

Più triste delle lacrime simonidee

Sta male, Cornificio, il tuo Catullo, sta male, per Ercole, e molto, e sempre di più d'ora in ora e di giorno in giorno. E tu - cosa che potresti fare con estrema facilità - con quali parole l'hai confortato? Sono arrabbiato con te. Così (ricambi) i miei sentimenti ? (Offrimi) una piccola qualsiasi parola di conforto, più triste delle lacrime simonidee.

Testo originale

    Malest, Cornifici, tuo Catullo,
malest, me hercule, et laboriose,
et magis magis in dies et horas.
Quem tu - quod minimum facillimumque est
qua solatus es allocutione?
Irascor tibi. Sic meos amores?
Paulum quid lubet allocutionis,
maestius lacrimis Simonideis.

 

Carme LXXIII

Bene velle

Smettila di pensare che voler bene procuri qualche merito presso qualcuno o che qualcuno possa essere giusto. Tutto è ingratitudine, l'aver agito bene non arreca nessun vantaggio, anzi genera disgusto ed arreca danno. Come a me, che nessuno opprime con maggior pesantezza e durezza di chi fino a poco tempo fa mi considerò il suo solo ed unico amico.

Testo originale

    Desine de quoquam quicquam bene uelle mereri
aut aliquem fieri posse putare pium.
Omnia sunt ingrata. Nihil fecisse benigne;
immo etiam taedet, taedet obestque magis,
ut mihi, quem nemo grauius nec acerbius urget
quam modo qui me unum atque unicum amicum
habuit.

 

Carme XLVI

Primavera


Ormai la primavera riporta il tepore che scioglie il gelo, ormai la tempesta del cielo d'equinozio tace alle dolci brezze di Zefiro. Abbandoniamo, Catullo, le pianure Frigie e la fertile piana della torrida Nicea: voliamo verso le famose città dell'Asia. Ormai la mente irrequieta smania di intraprendere il viaggio, ormai i piedi, felici per la smania, sono pieni di forza. Dolci brigate di compagni, statemi bene, voi che, partiti insieme dalla patria per terre lontane, diverse vie per vari itinerari riportano indietro.

Testo originale

    Iam uer egelidos refert tepores,
iam caeli furor aequinoctialis
iocundis Zephyri silescit aureis.
Linquantur Phrygii, Catulle, campi
Nicaeaeque ager uber aestuosae;
ad claras Asiae uolemus urbes.
Iam mens praetrepidans auet uagari,
iam laeti studio pedes uigescunt.
O dulces comitum ualete coetus,
longe quos simul a domo profectos
diuersae uarie uiae reportant.

 

Carme VII

Quanto grande è il numero dei granelli di sabbia

Mi chiedi quanti tuoi baci, Lesbia, mi bastino e mi avanzino. Quanto grande è il numero di granelli della sabbia libica giace a Cirene ricca di silfio tra l'oracolo infuocato di Giove Ammone ed il sacro sepolcro dell'antico batto (Callimaco); o quante numerose stelle, mentre è in silenzio la notte, contemplano gli amori segreti degli uomini: per Catullo pazzo d'amore basta e avanza che tu lo ricopra di tanti baci, che i curiosi non possano contarli con esattezza, nè le male lingue possano scagliare il malocchio.

 

Testo originale

    Quaeris quot mihi basiationes
tuae, Lesbia, sint satis superque.
Quam magnus numerus Libyssae arenae
lasarpiciferis iacet Cyrenis,
oraclum Iouis inter aestuosi
et Batti ueteris sacrum sepulcrum,
aut quam sidera multa, cum tacet nox,
furtiuos hominum uident amores,
tam te basia multa basiare
uesano satis et super Catullo est;
quae nec pernumerare curiosi
possint nec mala fascinare lingua.

 

Carme LXXXVI

Quinzia

Quinzia è bella per molti. Per me è alta, slanciata e di carnagione chiarissima: io ammetto questi pregi considerati uno ad uno. Nego però il giudizio complessivo "bella": non ha alcuna grazia, infatti, nè un granello di sale in un corpo tanto grande. Lesbia è bella, lei che non solo è tutta bellissima, ma è anche la sola ad aver sottratto tutte le attrattive di Venere a tutte le donne. 

Testo originale

    Quintia formosa est multis, mihi candida, longa,
recta est. Haec ego sic singula confiteor,
totum illud "formosa" nego: nam nulla uenustas,
nulla in tam magno est corpore mica salis.
Lesbia formosa est, quae cum pulcerrima tota est,
tum omnibus una omnis subripuit ueneres.