I “separatisti”

    Nel V secolo a.C. due grammatici, Xenone ed Ellanico (detti successivamente oi corizontes, cioè i “separatisti”), effettuando un’analisi interna dei due poemi e riscontrandovi evidenti discrepanze di contenuto e di stile, presero a sostenere che solo l’Iliade potesse essere opera di Omero, mentre l’Odissea doveva essere obbligatoriamente considerata opera di un altro poeta, quasi sicuramente più tardo. Il problema fu largamente dibattuto nell’antichità: mentre Aristarco di Samotracia, direttore della Biblioteca di Alessandria, volle rifiutare le teorie dei “separatisti”, nel I secolo d.C. l’anonimo autore del trattato Sul Sublime – in un passo divenuto celebre - propone di considerare l’Iliade  come un’opera giovanile del poeta e l’Odissea come un’opera della sua maturità, considerando Achille nell’Iliade l’espressione della forza e degli ideali della gioventù, e Odisseo nell’Odissea, invece, la testimonianza di una età del poeta più pacata e matura: l’Anonimo si spinge oltre, affermando che l’Iliade per i suoi tratti assomiglia ad una tragedia, l’Odissea a sua volta ad una commedia.  

 

La questione omerica in età moderna: d’Aubignac e Vico

      Nella seconda metà del XVII secolo, alla corte di Luigi XIV, re di Francia, partendo dal pregiudizio, decisamente in auge allora, che l’arte dei moderni fosse superiore a quella degli antichi ed inserendosi nella celeberrima "Querelle des Anciens et des Modernes", François Hédelin, abate d’Aubignac, sostenne in un suo scritto, pubblicato poi postumo nel 1715, che Omero non fosse mai veramente esistito e che l’Iliade non consistesse in altro che una raccolta di canti composti in epoche diverse, unificati successivamente nella redazione scritta attribuita a Pisistrato: queste furono le sue "congetture accademiche", datate 1664. Il d’Aubignac giustificò la sua teoria sostenendo che all’epoca di Omero la scrittura non esisteva ancora, e quindi un poema così lungo non poteva assolutamente essere stato tramandato interamente a memoria; tuttavia egli si guardò bene dal determinare quale fosse “l’epoca di Omero”. Nel 1744, il filosofo napoletano Giambattista Vico volle dedicare alla questione omerica il III capitolo dei suoi Principii di una Scienza Nuova, intitolato "Discoverta del vero Omero". Anche Vico negava decisamente consistenza storica alla figura del poeta e sosteneva che le opere lui attribuite dovevano essere considerate piuttosto "l’espressione del patrimonio collettivo dei ricordi del popolo greco nel suo tempo favoloso”. L’Odissea, inoltre, era da considerarsi espressione di una civiltà meno primitiva e più recente.  

 

Indice     Approfondimenti

Personaggi