Pirandello

Così è, se vi pare

La Verità  non esiste : questo sembra essere il vero messaggio  che Pirandello vuole trasmetterci, benché, come è naturale, non lo dichiari apertamente . Egli mette in scena il dramma della vita e dell’uomo in tutta la sua infinita complessità, ma lascia che sia lo spettatore a cogliere da solo – e questa volta la separazione fra scena e platea  è stata resa ancora più evidente dall’accorgimento della barriera sul palcoscenico – quale sia il significato ( o la mancanza di significato ?) di ciò che vede.

Se, tuttavia, in questo angusto ambiente provincial-borghese non c’è spazio per la Verità, la commedia giunge ad   implicitamente dimostrare che non esiste nemmeno un’unica  verità  : nell’acceso dibattito fra i personaggi – osservato con distacco dal disincantato Laudisi e dal grande occhio posto sulla scena - si inserisce da ultimo l’oggetto di tanto contendere, la moglie segregata, a rivelare che entrambe le versioni proposte sono vere : la verità è per ciascuno come a lui pare .

“Così è se vi pare” è la storia di un  gruppo di pettegoli che discutono animatamente, ciascuno convinto di avere assolutamente ragione, e si scambiano illazioni sullo “strano” ménage di un marito, una fantomatica moglie ed una suocera giunti da poco in paese, provenienti da una città distrutta da un terremoto . I “pettegoli” vogliono verificare ed accertare , addirittura interrogare i responsabili, il tutto sotto gli occhi divertiti di Laudisi (interpretato da Ugo Gregoretti), classica “tinca” pirandelliana, ovvero il personaggio che, pur non avendo nessuna vera parte nell’azione, guarda e giudica gli avvenimenti, come mediatore fra la scena ed il pubblico .

Le illazioni dei pettegoli si sono appuntate sulle ambigue relazioni che intercorrono fra il signor Ponza, sua suocera - la signora Frola - e sua moglie, che compare come “deus ex machina” solo alla fine per “sciogliere” l’enigma . Il signor Ponza, pur essendo molto premuroso con la suocera, non le permette di vedere la figlia, che pare tenere segregata in casa; da questo precedente l’atroce dubbio, che non può trovare alcuna definitiva soluzione a causa delle contrastanti dichiarazioni  di marito e suocera quando vengono separatamente interrogati in proposito : il signor Ponza afferma con convinzione che la prima figlia della signora è deceduta e che ora lei crede di vedere – impazzita per il dolore - nella sua seconda moglie ancora la propria figlia guarita da una grave malattia, e che  le impedisce di vederla, perché la realtà non sia un trauma troppo violento . La suocera, invece, dichiara che il signor Ponza è matto e che, quando la moglie tornò da una casa di cura dove era stata ricoverata proprio per l’eccessivo amore di lui, credendola morta, se ne innamorò come se fosse un’altra donna, costringendola a sposarsi nuovamente con lui in seconde nozze, ed è per questo che ora lei – madre e suocera - , per non turbare il fragile ed appena rinato loro amore, si tiene prudentemente distante .

Queste le due versioni : difficile stabilire con certezza a chi credere, dato che tutti i documenti sono andati distrutti nel terremoto ed i pochi rimasti si adattano bene a dimostrare la veridicità dell’una come dell’altra ipotesi . Ad aggravare la difficoltà di trovare la verità intervengono gli stessi protagonisti della controversia, scambiandosi reciprocamente – ora alle spalle l’uno dell’altra, ora apertamente  – accuse di pazzia e compianto per la triste situazione dell’altro .

Il dibattito continua senza arrivare ad  alcuna soluzione, finché non interviene la moglie  ad affermare che essa è ciò che marito e madre vogliono che sia : così è, se vi pare .

Nella regia dello spettacolo, sul fondo della scena campeggia un grande buco rotondo, che, come un grande occhio, inquadra il piccolo mondo di pettegoli e beghine assetati di una verità che possa dare qualche sicurezza;  dall’altra parte del buco, separati perché diversi, si affacciano il signor Ponza e la signora Frola con le loro verità, che mal si accordano a quella visione unilaterale di cui i pettegoli (e forse anche il pubblico, doppiamente separato – occhio e barriera sul bordo del palcoscenico – da loro) sono fortemente assetati .

Affascinante il ruolo defilato, sottile ma fondamentale di Laudisi, parente della famiglia dei pettegoli, ma di tutt’altra sensibilità, che si diverte a vedere gli uomini cercare di comprendere le regole di un gioco che egli già sa non esistere : inutile affannarsi a trovare una Verità, inutile tentare di dipanare il groviglio e la molteplicità delle verità esistenti .

Stupendo, infine, il fatto che ogni personaggio giochi con il suo “pupo”, la sua marionetta : una scena nella scena nella scena (occhio - personaggi - marionette) ed una (quasi) consapevole ammissione, da parte degli stessi attori, della sorprendente duplicità di questo dramma, come di tutti quelli pirandelliani : la rappresentazione dell’apparente vacuità ed al contempo del grandioso mistero di complessità dell’esistenza umana, di cui l’immobile occhio sullo sfondo è disincantato e muto testimone .

    Andrea Zoia