L’assemblea dei Greci e le sue conseguenze

    La contesa fra i comandanti non ha autonomia narrativa, perchè sarebbe inconcepibile, sul piano della tradizione epica, il racconto di una lotta fra eroi, senza le sue conseguenze : tali effetti sono narrati nell’intero poema .

Lo stile del poeta che l’ha concepita è la prova più alta di quello che viene definito  to peri tas nohseis adrephbolon, l’attitudine alle concezioni grandiose.  Oggetto della contesa che scoppia fra il capo supremo della spedizione ed il principe più valoroso è il  possesso di un dono, geras, sottratto alla divisione per sorteggio delle prede, a cui è strettamente e indissolubilmente connesso il grado di onore riconosciuto alla persona, timh. 

Il possesso della fanciulla Criseide, che è però soggetta alla partecipazione del dio, rende Agamennone non tanto avversario del padre, impotente in quella situazione, quanto di Apollo; quando l’oggetto della contesa si sposta, sul piano di un’assurda idea di risarcimento, da Criseide a Briseide, a sua volta “dono” di Achille, si verifica di fatto uno spostamento dal piano sacro a quello profano.

Per comprendere gli elementi della contesa nella loro essenza occorre riflettere sulla figura dell’eroe omerico , quale risulta non solo dai suoi atteggiamenti costanti, ma anche da certe affermazioni di principio  che si trovano episodicamente espresse nel corso del poema . Da questi luoghi significativi emerge una visione della vita intesa come valore positivo, nel sereno godimento di piaceri ed onori : beni invidiabili che essa offre in abbondanza tanto maggiore a principi ed eroi . Limite ineludibile e sempre incombente è la morte che, costituendo la fine di quei  beni, sola giustifica, accanto al puerile desiderio edonistico, la strenua volontà di conquistare  onore e gloria, i valori morali più alti del mondo eroico . Essi soli possono, o meglio gli antichi pensavano potessero, liberare dal male assoluto, la morte . Tra il godimento dei beni materiali ed il sicuro possesso della proporzionale gloria esiste un rapporto diretto, in quanto la ricchezza è la prova tangibile dell’onore che l’eroe gode fra la sua gente e, d’altro canto, la gloria conquistata con prove di valore ed autentico disprezzo della morte giustifica i privilegi che gli sono attribuiti .   Coloro che ricevono l’invito alla mensa dei principi devono anche essere i più saldi sul campo di battaglia .

“Il fine dell’eroismo risiede nell’aspirazione umana ad avvicinarsi al divino e quanto gli è più tipico : l’immortalità; immortalità di vita per il dio, immortalità di gloria per l’uomo .

 Nel caso specifico della contesa scoppiata fra Achille ed Agamennone, il diritto di entrambi a ricevere ed a conservare un onore commisurato alla dignità e ai meriti personali si complica per il fatto che Agamennone è il più potente degli Achei e comandante supremo (basileutatos) della spedizione troiana, Achille il più valoroso degli eroi, per il quale la gloria è compenso tanto più esclusivo e prezioso, perchè costituisce l’unico contraccambio di una lunga esistenza, alla quale l’eroe ha rinunciato in virtù di un’irrevocabile scelta .    “La gloria non appartiene  all’uomo, che non la possiede come un oggetto, ma piuttosto essa lo trascende e lo rappresenta in una forma più alta . Essa dà all’uomo  l’immortalità e garantisce in un certo modo la sua sopravvivenza”.

Nessuno dei due comandanti può rinunciare dunque al suo “dono” senza vulnerare il proprio onore . La loro contesa è uno scontro fra due uomini che credono entrambi in una medesima legge, e pretendono di vederla applicata in modo tale che non crei ingiustizie ad uno dei due .

Questo litigio, di cui Omero si serve per iniziare ex abrupto il suo racconto, è insolubile sul piano umano, dunque, e presuppone un intervento risolutore di origine divina .

L’uomo, incapace di scegliere oggettivamente fra due proposte entrambi probabili, ma solo di preferire il meglio per sé, con atteggiamento che rasenta la  puerilità, anche in questo caso ha bisogno di essere salvato da questa situazione  a lui poco confacente ... e quale modo migliore di intervento divino ?

In realtà l’eroe, per come è stato concepito, è incapace di pensare autonomamente, così Omero si trova costretto ad affiancargli un personaggio con cui egli possa parlare, o meglio a cui possa obbedire . L’uomo tutto d’un pezzo ha una “giornata tipo” dai cui parametri non può sfuggire : mangiare, combattere, dormire . Ogni giorno è come fosse nuovo per l’eroe, che non ha tratto alcuno spunto di miglioramento od innovazione da quello precedente .

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