La storia: la damnatio memoriae

Planimetria della Domus Aurea

Gli architetti che si occuparono di sovrintendere ai lavori (magistris et machinatoribus) furono Severo e Celere, le cui fantastiche creazioni artistiche - secondo Tacito (Ann. XV, 42) - "andavano contro le leggi di natura":

XLII. Ceterum Nero usus est patriae ruinis extruxitque domum in qua haud proinde gemmae et aurum miraculo essent, solita pridem et luxu uulgata, quam arua et stagna et in modum solitudinum hinc siluae inde aperta spatia et prospectus, magistris et machinatoribus Seuero et Celere, quibus ingenium et audacia erat etiam quae natum denegauisset per artem temptare et uiribus principis inludere.

La nuova reggia di Nerone, che era stata concepita e realizzata come una gigantesca villa suburbana collocata nel cuore di Roma, si estendeva dal Palatino alla Velia, dove era posto il vestibulum, toccava il collo Oppio, includeva gli horti imperiali dell'Esquilino e raggiungeva il Celio: tutta la valle dove poi sarebbe sorto l'anfiteatro Flavio era compresa all'interno della Domus Aurea neroniana.

La gigantesca e ricchissima costruzione suscitò immediatamente le feroci critiche dei detrattori dell'imperatore: potremmo citare Plinio, che, riferendosi al fatto che Nerone aveva dorato il teatro di Pompeo per mostrarlo - per un solo giorno ! - al re Tiridate, esclama (Nat. Hist. XXXIII, 16):

XXXIII. ...  Huius deinde successor Nero Pompei theatrum operuit auro in unum diem, quo Tiridati Armeniae regi ostenderet. Et quota pars ea fuit aureae domus ambientis urbem!

"e che piccola in confronto alla Domus Aurea che abbraccia tutta Roma !"; oppure Marziale (Liber de Spect. II):

II. Hic ubi sidereus propius uidet astra colossus
et crescunt media pegmata celsa uia,
inuidiosa feri radiabant atria regis
unaque iam tota stabat in urbe domus.

"una sola casa occupa tutta la città".  L'impressione suscitata presso i contemporanei fu tale da oscurare il ricordo della casa precedente (ricordata dai biografi di corte come - abbiamo visto in precedenza - Domus Transitoria, ad indicare la sua funzione di collegamento tra il Palatino, sede ufficiale del princeps, e i possedimenti imperiali sull'Esquilino) e da ispirare i famosi versi satirici "Roma è oramai una sola casa: migrate a Veio, o Quiriti, se questa casa non occuperà anche Veio".

    L'enorme complesso residenziale, che - causa l'opera di damnatio memoriae occorsa subito dopo il suicidio dell'imperatore - sopravvisse di pochissimo tempo la triste fine di Nerone, avvenuta nell'anno 68 d.C., viene ora di norma identificato solamente con il palazzo posto sul colle Oppio, che si è preservato grazie al fatto di essere stato inglobato nel terrazzamento delle Terme di Traiano che vi sono state edificate sopra. Altri - esigui - resti, tuttavia, permettono almeno di quantificare le dimensioni della villa imperiale, se non di averne un'idea precisa. Per fare un esempio, il basamento della Domus Tiberiana faceva sicuramente parte del complesso ed al centro della piattaforma, circondata da portici che si aprivano su un giardino pensile, si ergeva il palazzo con le due scalinate che ne garantivano l'accesso dalla facciata rivolta verso il Foro. 

IndiceApprofondimentiProsegui