La fine dei baccanali

    L'intervento così pesante di tutti gli organismi di potere per reprimere i baccanali  ebbe in breve tempo la meglio sui vari centri di diffusione del culto bacchico.  

Il crollo fu rapido: il convergere dei diversi risentimenti da parte degli affiliati al culto non aveva potuto o saputo trovare un equivalente organizzativo, che ne assicurasse l'esistenza. Doveva mancare qualsiasi tipo di collegamento tra centro e centro e probabilmente esisteva una forma generica di solidarietà fra i membri delle varie associazioni dionisiache, che peraltro non doveva andare oltre un personalismo ospitale. Al momento della repressione c’era stato quindi solo un fuggi fuggi generale verso le province meridionali che si pensavano meno controllabili . 

I rituali bacchici non si ripresenteranno a Roma sotto forma associativa di rituali di possessione, ma continuarono, sia a Roma che nella penisola, prima forse in segreto o sotto controllo.  Solo con l'età imperiale il dionisismo tornerà a trionfare, rappresentando una delle forme di religiosità più diffusa a tutti i livelli. Ma gli elementi caratterizzanti saranno  profondamente diversi e soprattutto saranno ormai dimenticati gli aspetti più emozionanti  della possessione.  

Una repressione così dura, come quella del 186, non poteva però non lasciare immediati strascichi di altro genere, come ad esempio  inquietudine sociale, timori e nuove proposte eversive. Il 184 fu l'anno di una torbida questione di venefici, in seguito alla quale il senato emise duemila condanne capitali (anche i seguaci di Bacco erano stati a suo tempo accusati di veneficio, termine generico che indica attentato mediante veleno oppure pozione magica).  Sempre nello stesso anno la città fu turbata da sinistri presagi di una prossima fine.

 

Andrea Zoia

 

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