I giovani e le donne, protagonisti di primo piano

 

    Nel quadro sociale della rapida crescita della città di Roma e dei conflitti di valori ad essa conseguenti, è quasi sicuramente da collocare il fatto che, almeno secondo il racconto di Livio, i baccanali abbiano riscosso molto successo tra i giovani al di sotto dei vent'anni e tra le donne.

Per quanto riguarda i primi, si può forse parlare di crisi generazionale.  Il crollo dei valori tradizionali della città-stato poteva coinvolgere tanto i figli dei romani "veri", quanto i nuovi immigrati.  Sallustio, nel descriverci una situazione  posteriore di più di un secolo, ci offre un quadro di una immigrazione rurale prevalentemente giovanile, attratta in città dalle  distribuzioni gratuite di grano e di olio, che perpetuavano il rapporto potere-indigenza. Si potrebbe allora ipotizzare che stesse già iniziando all'epoca dei baccanali un processo del genere, se solo tale speculazione avesse basi meno gracili e se fosse desumibile dalle parole di qualche protagonista diretto di quegli anni. 

Livio, sia per l'episodio del 213 che per la questione dei baccanali, insiste nell'attribuire alle donne una larga parte della responsabilità (magna uis in utraque causa uirorum mulierumque fuit; e poi ancora: primum igitur mulierum magna pars est, et is fons mali huiusce fuit) ma questo è un dato da non prendersi in senso assoluto, perchè l'importanza della questione andò ben oltre una semplice "questione di donne", dato che il senato, quando esercitò la sua pressione, limitò al massimo le presenze maschili all'interno delle eventuali superstiti associazioni bacchiche. 

La larghissima presenza di donne ai baccanali va situata entro un contesto storico - sociale da definirsi.  In effetti, anche su di loro le guerre avevano gravato pesantemente: l'assenza degli uomini e le leggi suntuarie che avevano privato le donne sposate dei gioielli - importantissimi attributi dello status - avevano provocato molto disagio.  Probabilmente le donne che nel 213 si erano date ai riti stranieri erano forse le stesse che, tre anni prima, dopo la disfatta di Canne, avevano varie volte intonato nel foro i loro lamenti funebri per la morte o la prigionia dei loro uomini (Livio, Ab Urbe Condita, XXII). Un anno prima (il 214) c'era stata appunto la legge Oppia che vietava loro di possedere più di una mezza oncia d'oro, di portare abiti variopinti, di servirsi in città di un carro trainato da buoi, a meno che non si trattasse di lunghi viaggi o di occasioni rituali.  La legge fu abrogata nel 195 (nonostante la prevedibile opposizione di Catone), quando le donne erano tornate ad agitarsi pubblicamente, protestando che venissero loro restituiti "gli ornamenti di un tempo", cioè gli antichi attributi di prestigio.

In questo periodo pesanti e frequenti erano i sermoni contro la rilassatezza dei costumi, che si sarebbero andati rovinando in seguito ad una loro malefica ellenizzazione.  Questo aspetto di comportamento coinvolgeva soprattutto i ceti abbienti, gli unici che avessero la possibilità di acquistare i nuovi e prestigiosi beni di consumo (stoffe, mobilio, spezie, ecc) che provenivano dall'Oriente.  Ma anche la vecchia famiglia contadina fece probabilmente qualche concessione all'inurbamento, trasformandosi da nucleo economico di produzione a gruppo di consumo.

Il disagio da parte femminile doveva principalmente concernere la perdita del settore di attività e dei privilegi legati al ruolo della donna all'interno della famiglia contadina, non più proponibile in una situazione urbana. Una compensazione di questa perdita potrebbe essere rappresentata sia dalle nuove forme di associazionismo extra-familiare, sia dalla stessa evasione erotica nei rituali bacchici.

Le tensioni presenti nella capitale dovevano comunque giungere a tutti i livelli sociali, non solo quindi a quello dei nuovi immigrati rurali o di una plebe urbana sulla via del declassamento, ma anche a un settore dell'elite che andava manifestando segni di inquietudine.

 

Gli schiavi

Nelle commedie di Plauto troviamo schiavi di città che spesso alludono al dio Bacco: da ciò possiamo trarre qualche indizio sulla presenza di schiavi nei baccanali Livio inoltre ci presenta come personaggio-chiave sulla vicenda della "scoperta" dei baccanali, Hispala, una liberta iniziata ai misteri insieme alla sua padrona, quando era ancora una schiava, ma che ha smesso di praticarli quando è stata manomessa.  Questa notizia corrisponde alla struttura per nuclei familiari, secondo cui erano spesso organizzate le associazioni di culto, a cominciare da quelle bacchiche: gli schiavi sono ammessi ad una associazione in quanto membri-patrimonio di una familia. L'affiliazione di uno schiavo ad una associazione religiosa era sempre subordinata all'autorizzazione del padrone.

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