Cristianesimo e generi letterari

La colonna di Marco Aurelio a Roma (180–192)

E’ evidenziato il bassorilievo che raffigura il miracolo della pioggia,

 che salvò e poi dissetò i soldati romani

    Da questo momento in poi, la fede cristiana entrò a far parte del grande processo storico del pensiero greco e a far parte del suo flusso continuo. Il pensiero greco non si riprese più da questo colpo e non dette più vita ad una grande filosofia nel senso antico del termine : le scuole filosofiche tradizionali poco alla volta organizzarono una strana specie di autodifesa, congiungendo le loro forze e concludendo una “grande alleanza” alla quale dettero il loro contributo platonici, stoici, pitagorici e, in grado minore, anche peripatetici. Questo poteva avvenire soltanto trascurando le differenze esistenti tra di loro, sulle quali molto avevano insistito gli scettici nella loro polemica, e tentando di trovare una base comune. Mentre le antiche scuole continuavano a ripetere le loro argomentazioni, Cicerone nel dialogo Sulla natura degli dei mostrava come una religione positiva come quella romana, di antica tradizione, poteva trarre profitto dallo scetticismo sfiduciato dei filosofi greci.  

In effetti, gli uomini di elevata educazione preferivano essere scettici sul piano filosofico piuttosto che accettare gli argomenti della “teologia naturale” degli stoici, mentre in materia religiosa si limitavano ad accettare l’antica tradizione romana, in quanto parte integrale ed indispensabile di tutto il sistema politico della res publica.

Anche quando, tuttavia, i filosofi oltrepassarono questo limite e ricorsero a posizioni di metafisica più positiva, come gli stoici ed i platonici, ricorsero alla religione ed al culto antico che ancora erano in vita e si diedero ad interpretare allegoricamente i suoi miti. Un interesse speciale mostrarono anche verso le religioni dei cosiddetti “barbari”, soprattutto quelli orientali, che comprendevano i Giudei ed il loro culto iconoclasta.

Le parti tecniche della filosofia divennero sempre più cultura circoscritta di un piccolo numero di commentatori, le cui vaste opere nessuno più  leggeva. Al tempo di Cicerone, ad esempio, nessun filosofo - egli afferma con una certa esagerazione - era in grado di leggere Aristotele : la forma letteraria del pensiero filosofico doveva essere resa intelligibile al pubblico dei lettori ; è per questo motivo che si scivolava sempre di più verso la forma del saggio o della diatriba popolare, fatta eccezione per i problemi teologici.  

    Persino i custodi della tradizione del classicismo formale sentirono che il tema centrale delle loro declamazioni doveva essere necessariamente religioso, perché era appunto questo che la gente desiderava soprattutto udire : nell’età classica, quando la retorica era alla ricerca di un contenuto pregiato, Isocrate si volse alla politica.

Al tempo dell’impero romano, invece, nei primi secoli della nostra era, la religione prese il posto della politica, in quanto essa veniva a costituire il problema che si presentava sempre più di primaria importanza ad un vastissimo pubblico di gente colta : venuta a mancare la libertà politica, tutto ciò che si desiderava era ordine e pace e tale ricerca poteva trovare uno sfogo solo nella libertà personale e nella religione, per la quale - perso ogni altro ideale - l’individuo era disposto anche a sacrificare la vita ; trovare un parallelo per il periodo della grecità classica è molto difficile, anche se a quel tempo tale attaccamento fino alla morte si poteva riscontrare negli ideali politici.

Accanto alla letteratura che indagava la religione, non mancavano le satire, ma gli arguti componimenti di Luciano sono l’eccezione che conferma il quadro estremamente realistico della superstizione e della bigotteria che dovevano essere molto diffusi alla sua epoca.

Non c’è da stupirsi, allora, che la filosofia delle scuole di quel tempo seguisse la moda generale : se ne può riscontrare un esempio nel modo in cui questo comune sentire si riflesse nel cosiddetto platonismo medio e nella rilettura che esso diede della filosofia di Platone. La grande rinascita del pensiero platonico in questi tempi in tutto il mondo di lingua greca fu dovuto non tanto ad un intensificarsi di studi eruditi, quanto al ruolo assunto dal “divino Platone” come suprema autorità religiosa e teologica, che giunse al suo culmine con il Neoplatonismo.

Se non fosse stato per Platone, il resto della cultura greca avrebbe potuto morire assieme agli antichi dei dell’Olimpo: gli umanisti greci instillarono nel corpo della cultura greca lo spirito di Platone, per dare “nuovo calore e luce al freddo marmo di nobili forme”. Quello che si proponevano di realizzare attraverso questo filosofo non era un’elaborazione sociale della sua Repubblica, che per i popoli soggetti alla pacificazione coatta dell’Impero troppo sarebbe venuta a coincidere con lo spirito irrequieto dell’antica città-stato.

Le Idee di Platone, che un tempo Aristotele aveva attaccato, poiché vedeva in esse il punto essenziale della filosofia del maestro, vennero ora interpretate come atti dell’intelletto divino: Clemente ed Origene si formarono entro questo sistema intellettuale, che veniva a dominare in tal modo non soltanto le scuole filosofiche del loro tempo ma anche la paideia greca tradizionale.

La cultura greca venne, dunque, fatta iniziare con Omero e concludere con Platone : questa era la via della spiritualità che venne ampiamente sfruttata dal Cristianesimo come anello comune di tutte le religioni più elevate e come fonte di sentimenti religiosi, in base alla quale tutte le tradizioni pagane furono nuovamente interpretate per renderle accettabili agli uomini dell’età nuova.

I Cristiani si adoperarono per ricordare che era stato Platone il primo a rendere visibile all’occhio dell’uomo il mondo dell’anima e quanto questa scoperta avesse profondamente rivoluzionato la vita umana. Così, nel loro cammino verso l’alto, Platone divenne la guida che volgeva i loro sguardi verso il mondo immateriale nel quale gli uomini di più nobile spirito intendevano porre la loro dimora ed in tal modo si trasformò nel più importante e nel più prezioso punto di contatto con la paideia greca della quale era diventato simbolo.

Andrea Zoia

Torna all'indice

 

BIBLIOGRAFIA

STORIA

 M. Sordi,   I Cristiani e l’Impero Romano,  Jaca 1984

A. Barzanò,  I Cristiani nell’Impero Romano precostantiniano, Ed. Ancora

PAIDEIA

W. Jaeger,  Cristianesimo primitivo e paideia greca, La nuova Italia

P. Wendland,  La cultura ellenistico – romana nei suoi rapporti con Giudaismo e Cristianesimo